Il treno che conduce dal 77ème arrondissement al cuore di Parigi, la RER A, mi ha sempre regalato la stessa emozione tutte le volte che ci sono salito, nei 6 mesi che ho lavorato al parco Disneyland: partendo dalla magia Disney, in una zona di campagna molto desolata, hai la sensazione di avvicinarti sempre di più ad una delle città maggiormente popolate, ricche, incasinate e multiculturali del mondo, specialmente quando inizi a vedere lo sterminato panorama di tetti della banlieue che ti chiarisce alla perfezione quante anime popolino quei luoghi. E sono milioni.
Arrivato a Nation spesso prendevo la linea gialla 1 in direzione La Défénse per poi scendere a Saint Paul, nel Marais, cuore della comunità ebraica e omosessuale e centro focale della vita notturna parigina, a pochi passi dal Centre Pompidou, da Bastille e dopo tutto anche dal Louvre: in una delle stradine del quartiere, al 34 di Rue des Rosiers, si trova l’As du Fallafel, uno dei locali più celebri della zona che ogni giorno serve a centinaia di clienti il suo celebre falafel (in arabo فلافل), una squisita polpetta fritta di legumi che mette d’accordo proprio tutti, onnivori, vegetariani e vegani. Ricordo perfettamente che un giorno anche io e due miei carissimi colleghi e amici ci abbiamo fatto un salto, per poi nasconderci sotto una tettoia dietro l’angolo dato che il folle clima francese ci aveva sorpreso ancora una volta, regalandoci uno dei suoi temporali inaspettati.
A neanche un chilometro di distanza dal Marais si arriva nell’ideale triangolo compreso fra Place de la République, Place de la Bastille e Place de Nation, teatro degli efferati attentati (i più gravi della storia francese) che ieri sera hanno colpito la città, lasciando dietro di sé una terribile scia di sangue (più 120 morti) e di sgomento: una manciata di ore fa, un commando composto da una ventina di persone, fra cui una donna e un cittadino francese, ha perpetrato 6 diversi atti terroristici ai danni di persone comuni, sedute ai tavolini di ristoranti e brasserie come ogni classico venerdì sera oppure in piedi mentre si scatenavano ad un concerto rock. Il Bataclan, storico locale della capitale, ha pagato il prezzo più caro di tutti, con la presa e l’uccisione di un centinaio di ostaggi. Scene raccapriccianti, raccontate sui social network in diretta da ragazzi e ragazze che pregavano perché la polizia li andasse a salvare.
Luoghi, vie, strade, ristoranti take away dove si sta in piedi e ci si impiastriccia le mani di maionese, che fino allo scorso anno frequentavo anche io insieme ai miei amici, a questo punto inconsapevole del potenziale rischio che stavo correndo: nello stesso Stade de France, in locaità Saint Denis poco fuori la città, io e il mio ex coinquilino Enzo a settembre 2014 eravamo andati a vedere il concerto di Jay-Z e Beyoncé. È stato solo il caso a venirci incontro e a non renderci vittime sacrificali dei due kamikaze che ieri si sono fatti esplodere lì fuorì, non c’è altra spiegazione.
Spesso mi capitava di girare quelle zone da solo, di sera o verso mezzanotte prima che l’ultima metro partisse, per respirare un po’ quell’atmosfera, se vogliamo anche un po’ inquietante, che si percepiva per i quei vicoli parigini: in quelle case, mi capitava di pensare, c’erano centinaia di migliaia di persone intente a scopare, mangiare, guardare la tv, bersi un bicchiere di vino, spacciare, ma allo stesso tempo poteva anche esserci qualche ragazzo, il cui libero arbitrio era stato totalmente azzerato, intento a comunicare da un banalissimo computer con un suo superiore e a tramare chissà quali piani efferati, sfruttando il cosiddetto deep internet.
La même merde, alcuni l’hanno chiamata, la stessa merda, ed effettivamente è così: ancora una volta, dopo la tragedia di Charlie Hebdo, quegli stessi ragazzini che puoi tranquillamente incontrare in metro, oppure al MCDonald di Rue de Rivoli mentre ordinano un Big Mc Manu avec Coca o ancora mentre si fumano una sigaretta poco fuori da Châtelet Les Halles, si sono resi protagonisti di una barbarie che nessuno di noi si sarebbee mai potuto immaginare. Sono giovani francesi, spesso (ma non solo!) di origine araba che vivono a pochi passi dal baratro, dalla disperazione, dal piscio sui muri e dai vetri rotti delle automobili parcheggiate di fianco a minimarket 24h, che d’improvviso si trasformano in spietati assassini, e tu non te ne accorgi neanche. Alcuni di questi, forse, sono amici, conoscenti o parenti di quel Mehdi a caso che ogni giorno ti serve il suo delizioso falafel, paradossalmente uno dei simboli stessi della multiculturalità e dell’integrazione in questa straordinaria città. E tutto questo, apparentemente senza senso, ci fa tanta paura.