Shura non è soltanto il nomignolo dato scherzosamente alla più classica delle tardone milanesi da struscio in Via Montenapoleone (anche perché, ad essere rigorosi, si dovrebbe scrivere “sciura”) ma è anche e soprattutto lo pseudonimo che la britannica Alexandra Lilah Denton si è scelta per il suo debutto nel mondo della musica internazionale. Con il suo disco d’esordio, intitolato Nothing’s Real, l’artista cerca in tutti i modi di ritagliarsi uno spazietto nel panorama electro internazionale, già piuttosto saturo e difficile da conquistare, un’impresa indubbiamente ardua ma che, alla fin fine, ha sortito un risultato più che discreto.
Nothing’s Real è un disco interamente scritto e prodotto da Shura (e già questo le assegna, a prescindere, diversi punti) insieme al musicista Joel Pott ed è in sostanza un piccolo gioiellino di synth-pop che scorre veloce e leggiadro, proprio come la voce dell’artista, suadente e algida: i 13 brani presenti in tracklist sono tutti (o quasi) influenzati da atmosfere anni ’80 che, lungi dal suonare posticci, sono in realtà uno dei più convincenti omaggi al decennio delle cotonature che io ricordi nella musica degli ultimi tempi. Sia ben chiaro, il disco non è certo un capolavoro e non è nulla, ma proprio nulla, di estremamente innovativo (i CHVRCHES fanno la stessa roba da almeno due o tre anni) però è raro potersi godere dei sintetizzatori in puro stile Cindy Lauper trovandosi a vivere in realtà nel secolo degli smartphone e della moombahton usa a getta.
L’album, in questo senso, parte benissimo: se l’intro ovattato e fintamente distorto di (I) suona di già sentito, non lo stesso possiamo dire dei due pezzi introduttivi Nothing’s Real e What’s it gonna be, che paiono usciti direttamente del disco d’esordio della Kylie Minogue di I should be so Lucky (idem per Indecision). Purtroppo il livello si abbassa già al terzo brano, quella Touch tanto simile a WILD di Troye Sivan da ricordarci che, come detto sopra, fare la differenza nell’elettronica attuale è davvero un casino. Ma non è certo impossibile.
Il disco raggiunge vette molto alte quando, invece di virare sul pop, osa e intraprende una strada quasi post punk à la Joy Division: è questo il caso della magnifica What happened to us, dove ai sintetizzatori si aggiunge l’incedere serrato di una chitarra elettrica che avrei visto benissimo nella colonna sonora di Marie Antoinette. L’impressione generale, ascoltando pezzi come questo, o ancora White Light o Make it up, è che dietro il progetto ci sia un grosso lavoro di ricerca musicale, per adattare certe sonorità e atmosfere nostalgiche ad una voce femminile che, lungi dall’imitazione, possa suonare credibile e originale ai giorni nostri. Con premesse di questo tipo, anche un pezzo come il singolo 2Shy suona quasi stucchevole, oscurato da contenuti ben più interessanti ed incisivi, almeno a mio modestissimo parere.
Idealmente, la copertina di Nothing’s real di Shura rappresenta bene il risultato finale ottenuto dall’album: c’è del buon pop, della buona elettronica e pure dell’indie niente male, c’è però una pennellata di colore che manca ed è, trovo, rappresentata dalla mancanza di almeno un paio di brani che ti riportino a volere riascoltare il disco in loop, come per esempio mi succede quando capisco di trovarmi di fronte ad un vero capolavoro. Domani sera Shura si esibirà dal vivo per la prima volta in Italia all’i-Days Festival di Monza, io ci sarò e spero di poter ricredermi su almeno un paio di impressioni che ho avuto ascoltandola dal vivo. Mi farebbe davvero molto piacere.
Tracklist
1. (I)
2. Nothing’s Real
3. What’s It Gonna Be?
4. Touch
5. Kidz ‘n’ Stuff
6. Indecision
7. What Happened to Us?
8. (II)
9. Tongue Tied
10. Make It Up
11. 2Shy
12. White Light
13. The Space Tape
Shura – Nothing's Real: la recensione di Ziomuro Reloaded
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