C’è una potente agenzia milanese che da qualche tempo a questa parte, svolgendo un lavoro magistrale, è riuscita a dare lavoro ad almeno una decina di personaggi del web dal dubbio talento ma dalle grandi capacità comunicative. Michele Bravi, in questo senso, rappresenta un’eccezione, perché fin dalla sua partecipazione ad X Factor, esperienza che l’ha in realtà ammazzato discograficamente, aveva dimostrato di avere una voce fuori dal comune e una personalità piuttosto schiva da impacciato adolescente.
Arrivato al terzo disco, dopo il disastro del primo e la rinascita di I Hate Music, Michele Bravi cerca di rimettersi ancora una volta in discussione con un prodotto che, a detta sua, rappresenta la sua definitiva perdita di filtri, naturale conseguenza della sua precedente storia d’amore, rimasta nell’ombra fino al coming out di qualche tempo fa. Il risultato di questo nuovo corso è un disco estremamente moderno, al passo con i tempi, efficace e ben scritto.
Anime di Carta è , probabilmente, l’unico disco che Universal avrebbe mai concesso di fare a Michele Bravi. La formula, d’altra parte, era destinata ad avere successo: se in Italia metti in bocca ad un giovane interprete i testi dei soliti songrwriters da classifica pop e delle produzioni elettroniche e dal sound internazionale è molto difficile che tu possa fare un buco nell’acqua.
Di positivo, anzi, di molto positivo, c’è che alcuni dei testi del progetto sono stati composti dallo stesso Bravi; di negativo, invece, c’è la presenza di una serie di barriere che l’artista non sembra ancora riuscito a superare pienamente. Parliamo per esempio del sound stesso dell’album, che a tratti sembra fin troppo ricercato (le parole di Andare Via esistono solo in funzione della base clamorosamente copiata da Where Are Ü Now di Bieber e Jack Ü) e creato a tavolino per costruire intorno a Michele l’immagine da teen idol internazionale, che non è e forse non sarà mai. Le stesse canzoni in inglese (Shiver e Bones) suonano superflue e creano quel distacco emotivo del quale l’artista ha ampiamente parlato in un recente incontro con i giornalisti a Milano.
Ci sono però dietro certe sovrastrutture tanti spunti interessanti su quali soffermarsi, come la capacità interpretativa di Michele, che al netto di qualche smorfia dal vivo è notevole e che gli permette di toccare certe note come fossero corde di uno strumento che lui stesso ha inventato: ne è un esempio la splendida Cambia, pezzo che merita di essere ascoltato in acustico e senza fronzoli orchestrali, ma anche Il diario degli errori, la canzone di Sanremo 2017 che i fidati amici Federica Abbate, Cheope e Luca Chiaravalli hanno letteralmente dipinto intorno a lui. Il Michele Bravi che funziona è dunque quello che dopo aver finto di essersi accartocciato in un complicato origami apre il pezzo di carta dove altri hanno scritto e si pulisce le ferite da solo, come nel caso di Pausa (un brano dalla produzione magistrale) dove si scaglia contro chi lo ha lasciato in un fastidioso “limbo” amoroso.
A Michele Bravi, considerata la sua originalità vocale, basterebbe in effetti forse soltanto un po’ di coraggio in più, perché quando ci mette del suo le cose funzionano piuttosto bene. Fintanto che l’artista sarà costretto, per motivi contrattuali, a dover giocare il ruolo dell’eterno ragazzino friendzonato, rimarrà purtroppo sempre il dubbio che brani “dedicati al sesso orale con una ragazza” come la pur valida Solo per un po‘ non siano nient’altro che un’imposizione dall’alto. Resta comunque un fatto: sfiderei chiunque ad inserire Anime di Carta e i pezzi al suo interno contenuti nel “diario degli errori” di un cantante che, a quanto sembra, ha ancora molto da dare alla musica italiana.
Tracklist
1. Come l’equilibrio
2. Cambia
3. Diamanti
4. Il diario degli errori
5. Solo per un po’
6. Due secondi (cancellare tutto)
7. Andare via
8. Pausa
9. Shiver
10. Bones
11. Respiro
12. Il Punto in cui ti ho perso
13. Chiavi di casa