Ci riempiamo la bocca di parole come democrazia, uguaglianza, rispetto delle diversità e delle opinioni altrui ma la verità è che siamo schiavi dei taboo, delle frasi che non si possono pronunciare, dei paletti che ci impongono l’etichetta e la società. È questo il motivo per cui il discorso che Salvador Sobral sul palco dell’International Exhibition Centre di Kiev, subito dopo la vittoria (per non dire il trionfo) all’Eurovision Song Contest 2017 sta facendo così tanto discutere.
Facciamo un passetto indietro: l’artista portoghese, in gara con la ballad Amar Pelos Dois, ha voluto ringraziare il pubblico e le nazioni che l’avevano votato con un vero e proprio plebiscito prendendo una netta posizione nei confronti dell’eterna diatriba fra la cosiddetta “musica alta” (o d’autore) e quella commerciale. Ecco le sue parole e il relativo video:
viviamo in un mondo di musica usa e getta, musica di cattivo gusto senza alcun contenuto, credo questa potrebbe essere una vittoria per la musica, per le persone che fanno musica con un significato, la musica non è fuochi d’artificio, la musica è fatta di sentimenti, quindi cerchiamo di cambiare tutto questo e riprenderci la musica, che è l’unica cosa che conta.
https://twitter.com/Eurovision/status/863524731378475009
Le reazioni del web “che conta” sono arrivate in tempo zero: Sobral è stato dipinto, in sostanza, come un radical chic che ha sputato sul piatto in cui ha mangiato, prendendo per il culo la quarantina di colleghi (Gabbani si è salvato, ma in corner) che hanno costruito la loro partecipazione all’Eurovision proprio in funzione di motivetti idioti ed effetti pirotecnici. Dopo tutto, pur sempre di Eurovision stiamo parlando.
Sobral, gliene dobbiamo dare atto, ha avuto coraggio, e non è da tutti. L’artista si è scagliato contro un sistema, piuttosto che contro l’Eurovision appena vinto. ESC, in quanto manifestazione, è alla fine della fiera puro cazzeggio che si risolve in meno di una settimana e che si basa su canzoni di cui ci dimenticheremo l’esistenza in un battito di ciglia. Tutt’altra questione è la presenza costante nelle classifiche di pezzi senz’anima o di artisti che nella loro musica di sé stessi ci mettono dentro, se tutto va bene, giusto la voce.
Chi di noi si può davvero permettere di nuotare controcorrente come ha fatto Salvador, per di più in occasioni importanti come questa? Nessuno, forse, e quando ciò accade è inevitabile una valanga di merda, se non addirittura l’oscurantismo: ne sa qualcosa Marco Castoldi in Arte Morgan, che qualche giorno fa si è permesso di andare contro la macchina del business di Maria de Filippi.
A pochi minuti di distanza dalla fine di Eurovision, come c’era da aspettarsi, sui social (Twitter in primis, che vi sconsiglio caldamente di utilizzare) usciva tutta la pochezza degli utenti medi e persino di alcuni “esperti del settore” che si scagliavano contro le critiche lanciate dal rappresentante “con la puzza sotto al naso” del Portogallo. Sobral è diventato così il bersaglio facile di chi considera il pop “facile” come l’unica soluzione ai mali del mondo, in contrapposizione alla pesantezza e alla noia delle canzoni profonde e ricercate. Stiamo parlando più o meno dello stesso tipo di persone che sono rimaste spiazzate quando la diva Lady Gaga si è data al country con il suo quinto album Joanne, abbandonando il suo electro pop glitterato.
Un conto, cari ragazzi, è definire Amar Pelos Dois una lagna o lamentarsi della mancata vittoria di Francesco Gabbani. Ne avete tutto il sacrosanto diritto, anche perché Occidentali’s Karma spaccava sotto ogni punto di vista. Tutt’altra faccenda riguarda il vero significato della musica e gli sforzi che artisti come Sobral fanno ogni giorno per trasformare in arte il proprio lavoro.
Un ritornello pop immediato e fatto per ballare in discoteca non è vera arte, quanto piuttosto un prodotto creato in una sorta di catena di montaggio che ha l’unico scopo di finire su un mercato ed essere venduto. La vera musica è invece un’entità con un suo significato e una sua storia, nato in seno ad un musicista che ha seriamente intenzione di esprimere un messaggio (o la propria interiorità) con la speranza di trasformare la sua ispirazione in un lavoro. Poco importa se poi il risultato finale sarà rock, indie, alternative, r&b o pop. Ciò che conta è che chi si occupa di musica, ad ogni livello, sia in grado di stabilire un confronto e una gerarchia fra ciò che è puramente commerciale e ciò che è, passatemi il termine, spirituale.
Non sto certo chiedendo a nessuno di concordare con il sottoscritto, ma non mi dispiacerebbe che chi grida al capolavoro ogni due per tre capisse l’importanza della vittoria e soprattutto del discorso di Salvador Sobral a Eurovision 2017. Più che fuori luogo, l’artista è stato fuori contesto: sottolineando qual è il vero significato della musica il “disagiato” Sobral non ha fatto lo sborone di fronte ai suoi colleghi di ESC, ma ha semplicemente voluto aggiungere un tassello di consapevolezza in più nella mente dei telespettatori ossessionati dall’apparenza e dal kitsch musicale a tutti i costi. D’altra parte, quale migliore celebrazione della diversità (lo slogan dell’Eurovision 2017) di un artista dichiaratamente alternativo al mainstream?
Z.
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