SEGUI LA PAGINA FACEBOOK UFFICIALE DI ZIOMURO RELOADED!
SEGUI ZIOMURO SU TWITTER E INSTAGRAM
Nell’ultimo numero di Vanity Fair, Giuliano Sangiorgi dei Negramaro ha raccontato a cuore aperto quanto accaduto a Emanuele Spedicato, il chitarrista della sua band, colpito lo scorso settembre da ictus cerebrale.
Sangiorgi ha infatti svelato che se Emanuele Spedicato, sorridente nella meravigliosa copertina del giornale, non si fosse risvegliato, non sarebbe mai più tornato a cantare:
se Lele non fosse tornato dal buio avrei smesso di cantare, perché tutto è nato quando lui era solo un ragazzo e aveva negli occhi una luce, una fame e una voglia che non ho più rivisto in nessun altro. Senza Lele non avrei più continuato a stare su un palco, semplicemente perché una storia come la nostra, in Italia, non esiste.
Ad Emanuele Spedicato i Negramaro hanno deciso di dedicare una nuova canzone, intitolata Cosa c’è dall’altra parte e in uscita il prossimo 15 febbraio. Il giorno prima, il gruppo salentino presenterà il pezzo in anteprjma sul palco dell’RDS Stadium di Rimini: Emanuele Spedicato si è infatti pienamente ripreso dopo il malore e tornerà dunque ad esibirsi sul palco in occasione di un tour nei palazzetti rimandato per ovvi motivi:
Non cancelliamo il tour, a Lele bisogna dare una botta di vita. Se torna e si sveglia, deve avere la possibilità di crederci”. Era certo che, se Lele avesse saputo del cancellamento, si sarebbe accasciato su se stesso e la ripresa avrebbe avuto un decorso lunghissimo. Aveva ragione. Il tour alla fine lo abbiamo solo rimandato e Lele si è dimostrato un leone. Ha compiuto un miracolo. Ha abbracciato suo figlio. Ha creduto nel sogno.
Nella stessa intervista, inoltre, Giuliano Sangiorgi ha commentato in modo estremamente critico l’attuale politica di Matteo Salvini, il VicePremier e Ministro degli Interni:
Quando la nave Tirana arrivò a Brindisi, io ero piccolissimo. Mio padre non mi fece andare a scuola, ritirò il suo stipendio e si mise a preparare centinaia di piccoli pacchetti di cibo da portare sulla banchina del porto. Dov’è finita l’Italia di mio padre? È morta con lui? Mi rifiuto di crederlo. Io capisco che la politica sia un altro mestiere e le dico la verità, non me ne importa nulla di parlare male del governo. Quello che non accetto è che un Salvini dica agli artisti cosa debbano o non debbano dire. Sarebbe come suggerire a un fornaio di fare solo il pane o al cameriere di servire a tavola e tacere. “Stai nel tuo ghetto” è un discorso che non accetto, così come non accetto che si urli “prima gli italiani”. Non credo alla narrazione contemporanea, non credo che gli italiani, a partire da Salvini, farebbero morire in mare quaranta persone, non credo che ci si possa abituare a questa idea del cimitero liquido che stanno facendo passare per normale. Se gente senza bandiera ti chiede aiuto e sta affondando in mare tu, Stato, quell’aiuto glielo devi dare. E poi un’altra cosa, che prima o poi andrà detta. Quando sento dire “Ospitali nella tua villa se ti piacciono tanto”, mi va il sangue alla testa. Ma che discorso è? Io pago le tasse e a questo becerume demagogico non mi rassegno. Questa guerra del basso contro il basso, aizzata per accendere i peggiori istinti e raggranellare due voti, è miserabile. Siamo meno cinici di quel che ci piace sostenere»