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La verità è che io un certo tipo di musica faccio davvero tanta, tantissima fatica ad ascoltarlo. Sarà snobismo, probabilmente, ma io il pop melodico italiano standard non lo tollero, soprattutto quello che resta in classifica per mesi, quello ci è già stato propinato in milioni di salse diverse (?) e quello che fa commuovere quel magnifico tipo di fan che è bravissimo a retwittare ed è pessimo a leggere gli articoli. Questo è esattamente il caso di Le cose che non ho di Marco Mengoni, ideale seguito di un Parole in circolo che già mi aveva fatto parecchio girare le balle. Perchè, sì, questo è uno dei quegli album che mi fanno incazzare.
Marco Mengoni è diventato nel corso dell’ultimo paio di anni la nuova star su cui puntare tutto, produzioni, budget, eventi: dalla sua partecipazione e vincita (meritata, dopo tutto) al Festival di Sanremo lo status di quest’artista è cambiato da quello di -trionfatore di X Factor- a -superospite- con tutte le lodi indiscriminate e i tappeti rossi del caso: c’è infatti una grossa fetta di stampa che ha già iniziato a riservargli il trattamento da anni prerogativa di altri “presunti” talenti della musica italiana come Ramazzotti e Pausini, una condizione che lo porta a ricevere recensioni indiscriminatamente positive nonostante il prodotto finale sia di fatto di dubbia qualità. Cose che mi fanno venire voglia di prendere il computer e lanciarlo fortissimo contro il muro.
Il fatto vero è che ho ascoltato (come mia abitudine per le recensioni) almeno 3 volte questo disco e ancora non sono riuscito a cavare un ragno dal buco, un’idea, uno spunto vero di cui parlare: ho avuto però un’impressione generale, ed è quella che nessuna canzone, eccezion fatta per la notevole Ti ho voluto bene veramente (bellissima la produzione, bello il testo, interessante il suo “non finito”) è veramente degna di nota ma si inserisce anzi in quel filone del già sentito italiota che rende il tutto terribilmente piatto. Ma non è tutto.
Se di fronte ai soliti, prevedibili giri di piano e le schitarrate melodiche alla Alessandra Amoroso (Ricorderai l’amore, Le cose che non ho, Ad occhi chiusi) posso anche chiudere un occhio, non lo stesso posso dire quando mi si piazza di fronte un pezzo come La nostra estate, che avrebbe potuto avere tranquillamente come sottotitolo “avevamo bisogno di un singolo estivo dance visto che abbiamo intuito che la già gigiona Io ti aspetto ci ha fatto fare i soldoni”. Mancava soltanto l’hashtag fuori c’è il sole e poi eravamo davvero a posto.
Peccato, fra l’altro, che anche le occasioni più interessanti di collaborazione siano fondamentalmente andate sprecate e i featuring con Sangiorgi (Solo due satelliti) e soprattutto quello con Sia (mente dietro Rock Bottom) non abbiano minimamente colpito la mia attenzione, persi in un flusso sonoro indistinto e piatto.
Mi sto rendendo conto solo adesso che forse questa recensione è molto più dura di quanto mi sarei mai potuto immaginare, ed è un peccato perchè a me Mengoni fondamentalmente piace tanto come artista e quando si impegna tira fuori davvero della roba buona tipo Solo 2.0, che contrariamente a questo ammasso di ballad sciape ascolterei volentierissimo anche oggi (pure #PRONTOACORRERE non era affatto male). Mi dispiace ma io preferisco la sperimentazione, non certo il piattume alla Amici di Maria costruito per puri fini commerciali. Questa, purtroppo, sembra essere la fine a cui è destinato Mengoni, visto come una vera e propria gallina dalle uova d’oro alle quali è concesso un solo pezzo davvero rivoluzionario all’interno di ogni disco. Tutto il resto, almeno per adesso, è noia.
Tracklist
1. Ricorderai l’amore
2. Ti ho voluto bene veramente
3. Ad occhi chiusi
4. Resti indifferente
5. Parole in Circolo
6. La nostra estate
7. Solo Due Satelliti
8. Rock Bottom
9. Le cose che non ho
10. Dove Siamo
11. Nemmeno un grammo