Non ha davvero senso che io prenda in giro me stesso, né che io conceda un altro ascolto a AIM, l’ultimo disco di M.I.A: nonostante lei sia da almeno una decina d’anni una delle mie cantanti preferite in assoluto, una delle poche ad essere davvero riuscita a farmi emozionare, il suo quinto disco ha, innegabilmente, rappresentato per me la più grande delusione di questo 2016.
Ad essere sincero avevo un po’ annusato la cosa, erano bastati i singoli di lancio e i buzz single estratti a farmi venire i primi dubbi, considerando che di norma l’artista cingalese riusciva a fulminarmi, immediatamente, con dei pezzi assurdi che mi facevano gridare al capolavoro fin dal primo ascolto. Devo dire in questo senso che anche quando M.I.A si spingeva forse troppo in là (MAYA, per quanto valido, era a tratti un po’ troppo cacofonico e fastidioso) avevo comunque la consapevolezza che stavo ascoltando un genere moderno, eclettico e soprattutto delle canzoni con dei grossi contenuti. Qualità che in AIM sono quasi totalmente mancate.
L’album si apre, a dire la verità, pure piuttosto bene: la produzione acida con sprazzi di immancabile ethnic di Skrillex è esattamente quello che ci saremmo potuti aspettare da lei, così come le atmosfere arabeggianti e le tematiche attuali (la tragedia dei migranti) raccontata in Borders, un brano che però già incappa in uno dei principali scivoloni dell’album, ovvero la ripetitività.
Alcuni pezzi ripetono le stesse, identiche frasi per decine e decine di volte (non solo Foreign Friend, ma anche l’allucinante Jump In, che sembra una presa per il culo) portandoti all’esasperazione dopo poco più di un minuto di musica: ad accompagnare questa grossa pecca ci sono delle produzioni e dei pezzi scialbi (come Visa, che auto-campiona Galang dell’irrangiungibile Arular o ancor Survivor) che personalmente non mi sarei mai aspettato di trovare dentro un album di M.I.A. . Peggio ancora, e questo mi fa malissimo, l’ennesimo tentativo di scimmiottare Lean on dei Major Lazer (qui un approfondimento), trasformatasi con un incredibile plot twist da brano erede a fonte di ispirazione estremamente commerciale.
Nonostante il disco si riprenda vagamente verso la fine con la tripletta più aggressiva di Swords, Talk e Platforms, non si può certo dire che le sorti del disco possano considerarsi al sicuro e se, in questo senso, anche una collaborazione potenzialmente micidiale come quella con l’eccelso Zayn (Freedun) finisce per diventare una canzoncina dallo scarso appeal, c’è davvero da mettersi le mani nei capelli.
Se, dunque, come anticipato qualche tempo fa, AIM sarà veramente l’ultimo disco della carriera di M.I.A., quest’artista che per almeno un decennio ha rivoluzionato la musica mondiale se ne uscirà di scena con un album poco interessante e pure noioso: il mio severo giudizio, in ogni caso, nasce soprattutto in funzione di una carriera straordinaria durante la quale, vi ricordo, M.I.A. è riuscita a regalarci uno dei capolavori musicali più belli degli ultimi 20 anni (almeno) come Kala. Confrontandolo con i progetti discografici di una qualunque altra presunta star del pop/electro/indie internazionale, infatti, AIM si trova comunque a molti anni luce di distanza, per innovazione, originalità e forza espressiva.
- Borders
- Go Off | Maya Arulpragasam, Charles Smith & Sonny Moore
- Bird Song (Blaqstarr Remix) | Maya Arulpragasam & Charles Smith
- Jump In
- Freedun (feat. ZAYN)
- Foreign Friend (feat. Dexta Daps)
- Finally
- A.M.P. (All My People)
- Ali R U OK?
- Visa
- Fly Pirate
- Survivor
- Bird Song (Diplo Version) | Maya Arulpragasam & Charles Smith
- The New International Sound Pt. 2
- Swords
- Talk
- Platforms