In principio fu I Gotta Feeling dei Black Eyed Peas. Era il 2009 e la musica mondiale dopo tutto non se la passava così tanto male: poi, tutto ad un tratto, il mondo scopri la dance à la David Guetta e nulla fu più la stessa cosa.
Il secondo singolo estratto da THE END della band di Apl, Will.I.Am, Taboo e Fergie (dopo la fortunata Boom boom pow) fece quello che non era riuscita a fare Madonna nemmeno con un disco straordinario come Confessions on the dancefloor: portare l’house music in cima alle classifiche statunitensi e non per pochi giorni, ma per mesi interi. Non è però finita qui: ci si rese conto, dopo poche settimane, che il successo della canzone sarebbe andato oltre ad ogni più rosea aspettativa e avrebbe definitivamente modificato i gusti musicali degli americani, da sempre fedeli alla linea dura del rap o, al massimo, all’incredibile country.
Da quel momento in poi fu la fine: tutti gli artisti pop e ancora peggio i finti rapper e gli ancora più venduti divi dell’R&B mondiale vendettero letteralmente l’anima al diavolo per riuscire a smerciare quelle 100,200, forse anche 300 mila copie in più: un esempio su tutti, oltre a quel Will.I.Am che ad un certo punto cominciò a produrre solo pezzi elettronici, il buon Usher, nei cui dischi sparì quasi completamente il soul di 8701 e Confessions in favore di distorsioni, beat pesanti e sintetizzatori. Alla fin fine, in ogni caso, a lui anche un po’ fregava cazzi, il suo target di tamarri da struscio in discoteca già l’aveva conquistato con Yeah!.
Piano piano, con l’arrivo di centinaia di canzoni veramente tutte identiche (ce l’avete presente no, c’era sempre quel climax con il battito di mani, e poi il ritornello club banger che già sapevi quando partiva) il pubblico fortunatamente iniziò a stancarsi e anche David Guetta cominciò a modificare leggermente le sue canzoni e il suo sound, lasciando nel frattempo spazio ad altri dj e producer che sono poi riusciti a cambiare (di poco) le carte in tavola proponendo la deep house, la tropical house oppure la trance e quella che si è poi imposta negli ultimissimi anni, appunto, la EDM.
Lo scorso giugno, anno domini 2015, è però successa una cosa: i Major Lazer (il collettivo creato anni fa dal genio vero di Diplo) si sono messi a collaborare con il francesino DJ Snake e con la sconosciuta e svociata danese MØ per dare vita ad una canzone clamorosa: è nata così Lean On, singolone dal sapore indie-orientaleggiante fra la dancehall e la tribal-etnica (un po’ tipo Kala di M.I.A.) che, proprio come I Gotta Feeling, avrebbe ispirato generazioni di artisti con tanta voglia di copiare, incollare e finire in classifica e in rotazione radiofonica pesante senza troppa fatica. BONSCI BONSCI BON BON BON.
Ora, lungi da me non ammettere la dura realtà, ovvero che la storia della musica è fatta anche di scopiazzature eccellenti (“le note sono 7” diceva il poeta) ma mi sembra abbastanza ovvio che qui si stia leggermente esagerando. Ho adorato in questo senso l‘articolo di Virginia Ricci dove si diceva che il pop italiano vive proprio di questo, di canzoni decisamente troppo ispirate ad un corrispettivo estero che ha aperto la strada e fatto capire esattamente come gira il mercato (e dove bisogna puntare): gli esempi italiani recenti non si contano, a parte Roma Bangkok di Baby K e Giusy Ferreri (che a onor del vero è stata scritta prima di Lean On) adesso troviamo la geniale hit attira click Vorrei ma non posto o ancora tre quarti dei pezzi contenuti nell’ultimo disco di Annalisa, Se avessi un cuore, l’ennesimo disco privo di contenuti uscito dalla mafia di Amici. Non diamo però soltanto la colpa agli italiani: la moda Lean On, questo mix discotecaro di dancehall e oriental-style posticcio lo troviamo in decine di pezzi recenti (mi viene in mente I’m in control degli Alunageorge) e non è sicuramente un caso che lo stesso Guetta sia stato accusato di plagio dai diretti interessati per il ritornello dell’inno dei Mondiali 2016, This one’s for you.
Con tutto questo pippone cosa voglio dire? Che il disco di Annalisa fa pietà? Sì, ma non solo: trovo che ci sia modo e modo di prendere ispirazione dagli altri, ci si potrebbe insomma impegnare a scopiazzare con molto più garbo e attenzione, visto e considerato che gli artisti ad una certa non si rendono conto di produrre (o farsi produrre) pezzi uguali non solo alla canzone ispiratrice ma anche fra di loro, facendosi una guerra inutile e appestando le nostre radio. Purtroppo, fintanto che esisteranno quei ragazzini e ragazzine (da irretire) che cantano Sei bellissimo a qualunque personaggio entri nello studio di Maria, difficilmente riusciremo a liberarci di questo generale appiattimento della musica commerciale, a maggior ragione nei mesi estivi: per il momento non ci resta che aspettare un cambiamento, rappresentato dalla degna erede di Lean On che spianerà il cammino verso un’altra (l’ennesima) moda musicale usa e getta.