Quando qualche mese fa mio fratello mi disse che sarebbe partito oltreoceano per un importantissimo incarico di lavoro ho avuto un piccolo sussulto, come se in quel momento sul pannello di controllo delle emozioni nel mio cervello fosse improvvisamente salito un gatto ciccione: se Gioia (l’uso della maiuscola è d’obbligo) mi portava a rallegrarmi per la splendida notiza, Rabbia mi faceva incazzare nei confronti di un mondo che ti spinge lontano per lavoro, disgusto mi faceva storcere il naso riguardo alla mia attuale posizione, Paura mi faceva pensare alle ore di volo per raggiungerlo e infine Tristezza…beh, cosa ve lo spiego a fare?
La storia di Riley, protagonista di Inside Out, l’ultimo capolavoro della Pixar uscito in tutte le sale italiane proprio oggi, 16 settembre, non è dunque poi molto diversa dalla mia: un trasferimento forzato, l’allontanamento da amici e affetti, una nuova condizione in cui vivere che può presentare sì tante opportunità ma allo stesso tempo un bordello di incognite. La giovane protagonista del film, diretto da Pete Docer (sua anche la regia di Monsters & Co e Up), obbligata ad abbandonare il bucolico Minnesota per la caotica e metropolitana San Francisco (a due passi dalla Silicon Valley, ma pensa tu i casi della vita) si ritrova d’improvviso preda di un turbinio di emozioni fortissime e contrastanti, che non riescono a gestire l’emergenza come avrebbero dovuto. È così che, d’un tratto, a prendere in mano le redini della mente di Riley arrivano Rabbia, Paura e Disgusto, disperatamente in attesa del ritorno di Gioia e Tristezza, finite dall’altra parte del suo cervello dopo un improvviso momento di crisi ma decise a riprendere il controllo della situazione; in loro aiuto arriverà Bing Bong, il bizzarro amico immaginario della bambina che giocherà un ruolo fondamentale nel passaggio dalla giovinezza all’adolescenza.
Già, perché Inside Out è anche e soprattutto un toccante inno alla crescita e alla maturità, che ci racconta con immagini più vivide e condivisibili che mai (il -salto della lava- da un divano all’altro, la prima esperienza con i broccoli, l’imbarazzante incubo in cui ci ritroviamo in mutande di fronte al professore) il lento ma inesorabile scomparire di certe emozioni, sostituite inevitabilmente da altre più complesse e articolate. Lasciarsi alle spalle determinati ricordi nel lungo e difficile percorso verso l’età adulta diventa doloroso ma indispensabile per permettere ad altri pezzi di noi di aggiungersi ad un puzzle già di per sé molto complesso.
Grazie a Inside Out Disney è riuscita ancora una volta a toccare abilmente corde sottilissime del nostro cuore, dando vita ad un film dalle mille sfaccetature e colori nel quale tutti, adulti e bambini, riusciranno a ritrovare almeno uno sbiadito riflesso di sé stessi. Interessante, a questo proposito, la frase finale del film pronunciata da Gioia che chiude la pellicola in maniera piuttosto amara, rivoluzionando così il concetto stesso di happy ending in dissolvenza. Un film per i piccoli, ma anche e soprattutto per i grandi, che ci ricorda come nella vita un singolo evento scatenante può condizionare il nostro stesso modo di vedere il mondo: anche se per rimettere le cose a posto servirà un lungo viaggio di formazione, l’importante è ricordarsi che non si tratterà mai di kilometri (metaforici) percorsi invano.
Z.
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