Prendiamoci poco per il culo: recensire un disco rap è un casino e se l’artista non ti piace, può trasformarsi in una noia mortale. Per quanto possiamo farci passare per gli internescional di sta ceppa, non ci capiremo mai un cazzo dei testi, che sono parte fondante del genere, se non ci mettiamo prima a googlarli come se non ci fosse un domani, senza contare che tre quarti delle produzioni sono sempre un po’ la solita solfa boom boom clap, boom boom clap. Questo è dopo tutto anche il caso del buon Drake, che qualche ora fa ha pubblicato in tutto il mondo (tranne che su Spotify, mannaggia a lui sono dovuto andare su iTunes) VIEWS, il suo quarto album da solista anticipato, ormai diversi mesi fa dal pezzo diventato fenomeno indie-alternative da cover per il Coachella Hotline Bling, il cui video si è fra l’altro trasformato in un simpatico meme per tutti gli smanettoni del web.
Prendiamo fiato, facciamoci il terzo caffé del pomeriggio e cominciamo a parlare del disco, ci vorrà tempo. Sono al terzo ascolto integrale e, come mi succede sempre in questi casi (fu lo stesso per l’acclamatissimo How to pimp a butterfly) ancora non sono sicuro se mi sia piaciuto o meno: belle le produzioni, seppur dozzinali a tratti, bella la sua voce (che adoro, da sempre) ma forse troppo poche le vere canzoni per le quali posso alzarmi in piedi e battere sonoramente le mani.
Il disco è idealmente diviso in due parti, che riflettono due stati d’animo: c’è la parte più gioiosa, trap (sintetizzata dalla meraviglia che è One Dance, dove Drake lascia il rap per tornare a quel dolcissimo R&B già sentito in Thank me Later) e quella più invernale e introspettiva, con la quale si apre il disco. I primissimi pezzi sono dunque dedicati ai genitori, che l’hanno sempre difeso dagli attacchi haterz e stronzi vari (Keep the family close) e alla sua hometown Toronto (9 rappresenta il 6 rovesciato, numero simbolo della metropoli canadese un tempo divisa in 6 città) per la quale “potrebbe anche morire“; il problema è che Drake, quando vuole fare il “gangsta” è un po’ poco credibile (e non è che i campanellini di Hype possano migliorare la situazione), d’altra parte non è un caso che da sempre venga considerato come il rapper gentiluomo che non potrebbe far male ad una mosca.
Va molto, molto meglio, quando il rap di Drake è costruito su ritmi soul e suoi testi parlano di quanto sia legato al suo passato (Weston Road Flows è un malinconico omaggio alla sua infanzia, con un sample di Mary’s Joint di Mary J. Blige) o di come alcune sue ex l’abbiano tradito o deluso come nel caso di Redemption, dove critica l’ex Erica Lee per avergli fatto causa dopo che l’artista aveva inserito i suoi messaggi (da ubriaca) nella segreteria telefonica di Marvins Room. La parte più bella del disco, appunto, è proprio quella in cui Drake apre le sue rime a precedenti relazioni (With You, pezzo dalla produzione particolarissima con PARTYNEXTDOOR) o a donne troppo emancipate che lo lasciano in attesa, e pure un po’ con le palle piene, diciamocelo (Faithful).
Il resto dell’album, ammettiamolo pure onestamente, non è brutto ma quantomeno è ampiamente skippabile: anche il feat. un po’ caraibico con Rihanna non brilla per originalità (Too Good for you, anni luce di distanza dal capolavoro citazionista Take Care) e arriva dopo una trafila di pezzi sinceramente noiosi come l’infinita e ripetitiva Grammys (insieme a Future) e Childs Play. Il problema è che dopo questo m0mento noia ci sono altre tre canzoni che, eccezion fatta per la già citata e pur piacevole Hotline Bling, allungano forse troppo il brodo: in Fire & Desire il rapper si rivolge, senza ritornelli catchy né rime sconcertanti, ad una ragazza nelle mani di un altro contendente, mentre in VIEWS strizza l’occhio al southern rap raccontando della sua vita e di come sia arrivato al successo, concludendo il disco con un brano che vorrebbe a tutti i costi suonare come un manifesto.
La cosa più bella di VIEWS è indubbiamente la copertina, un photoshop dell’artista con le gambe a penzoloni dalla CN Tower di Toronto, con un cielo nuvoloso alle spalle, quasi a sottolineare il suo dominio totale sulla “situa” rap della città e del paese, che fino ad ora di cantanti davvero grossi ha tirato fuori solo le teen star Justin Bieber e Shawn Mendes: da molti punti di vista il disco è in effetti un album interamente dedicato alla sua città e a quello che ha rappresentato per la sua formazione umana e artistica. Forse, per comprenderlo appieno, avrei dovuto anche io viverci, sotto quella torre, magari oltre a strapparmi le mutande su una (sola) canzone stupenda come One Dance avrei apprezzato anche qualche citazione e riferimento in più e invece, ad una certa, ho iniziato a cazzeggiare su Facebook cullato dal solito, asfissiante rumore di sottofondo. Boom boom clap, boom boom clap.
Tracklist
1. Keep The Family Close
2. 9
3. U With Me?
4. Feel No Ways
5. Hype
6. Weston Road Flows
7. Redemption
8. With You
9. Faithful
10. Still Here
11. Controlla
12. One Dance
13. Grammys
14. Childs Play
15. Pop Style
16. Too Good
17. Summers Over Interlude
18. Fire & Desire
19. Views
20. Hotline Bling