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Il 2018 è stato un anno della madonna, musicalmente parlando. Molto più di altre volte, il panorama italiano e internazionale ci hanno regalato una serie di chicche mica da ridere, e questo vale per praticamente qualunque genere, dal rap al pop passando per il pop rock, l’elettronica e l’alternative.
Scegliere i pezzi migliori di questo 2018 che tante soddisfazioni mi ha regalato e che sta volgendo al termine non è stato per niente facile. Anche perché, per la prima volta da credo sempre, la canzone alla numero uno, il capolavoro, quella che trovo sia stata la mia personale canzone dell’anno, non è in realtà uscita nel 2018.
Devo dire, in ogni caso, che una certezza ce l’ho avuta, fin dal primo momento: il 2018 è stato un anno davvero eccezionale per gli artisti italiani, che sono stati capaci di regalarci un’infinita di pezzi eccellenti. La trap, in questo senso, l’ha fatta da padrone, ma anche l’indie ha giocato un ruolo chiave. Molti dei pezzi, inoltre, provengono da uno dei migliori Festival di Sanremo degli ultimi anni.
Come dare vita, dunque, ad una classifica quantomeno dignitosa? Precisiamo fin da subito che, ahimé, non sono un factotum musicale, ma come qualunque persona “normale” ho anche io i miei gusti personali e soprattutto un tempo a disposizione piuttosto limitato. Questo stesso principio, per esempio, è stato applicato anche alla mia classifica dei migliori album dell’anno che pubblicherò a brevissimo.
Purtroppo, di rock duro e puro riesco ad ascoltarne gran poco, anche se è un genere che amo molto. Di conseguenza, non troverete quasi nessun pezzo del genere (né tantomeno metal, che non tocco neanche per sbaglio) anche se non dubito che certe band abbiano tirato fuori dei pezzoni. Ci sono poi canzoni e dischi che hanno indubbiamente segnato il 2018 ma che per voglia, tempo o disinteresse (chiedo scusa) ho proprio zompato.
Le canzoni presenti nella top 30 di Ziomuro Reloaded sono dunque state scelte in base ad una serie di criteri: numero oggettivo di ascolti, qualità artistica (testo, produzione, profondità, valore “culturale”) e il caro e vecchio principio dell’orecchio. Se una canzone mi piace mi piace, poco importa se è uscita 10 anni fa, se è trash, o se è un brano di nicchia per appassionati. Considerato che vi ho asciugato anche abbastanza ecco la mia personale e attesissima (?)classifica delle 30 canzoni più belle del 2018. Qui sotto trovate fra l’altro i brani che più ho ascoltato in assoluto negli ultimi 12 mesi.
PS: i commenti tecnici soltanto alle prime 10, che già il post è abbastanza lungo e tanto non ve lo cagate lo stesso 😉
30 Monica – MYSS KETA
29. Zero – Imagine Dragons
28. NUMB – XXXTentacion
27. Custodire – Renzo Rubino
26. Faccio quello che voglio – Fabio Rovazzi
25. Adoro – Il Pagante feat. MYSS KETA
24. Pray for me – Kendrick Lamar feat. The Weeknd
23. Dance to this – Troye Sivan feat. Ariana Grande
22. Questa nostra stupida canzone d’amore – TheGiornalisti
21. Promises – Calvin Harris e Sam Smith
20. I like it – Cardi B, Bad Bunny e J. Balvin
19. Milano Good Vibes – Mahmood
18. Shallow – Lady Gaga e Bradley Cooper
17. Youth – Shawn Mendes e Khalid
16. Eastside – Benny Blanco, Halsey e Khalid
15. Nero Bali – Elodie, Michele Bravi e Gué Pequeno
14. Apeshit – The Carters
13. Bolivia – Francesca Michielin
12. Adesso – Roy Paci e Diodato
11. Better now – Post Malone
10. No Tears left to cry – Ariana Grande
Ariana Grande torna dalla tragedia di Manchester non esattamente più forte di prima, almeno psicologicamente, ma con un pezzo di un’estrema maturità e molto meno scontato della classica ballatona strappalacrime che ci saremmo potuti aspettare. Pezzo meraviglioso, con un pizzico di anni ’90. Video altrettanto spettacolare.
9. Il ballo delle incertezze – Ultimo
Anche ad Ultimo, come a tanti altri, hanno costruito intorno un’immagine decisamente da ridimensionare. Eppure Il Ballo delle Incertezze il successo a Sanremo e fuori se l’è meritato tutto, essendo una canzone deliziosa, fin dal primissimo ascolto. Ultimo farà di certo strada, anche perché tutto il suo secondo disco si tiene più o meno su questo livello qualitativo, molto alto.
8 Ricchi X Sempre – Sfera Ebbasta
Chi mi conosce sa che Sfera Ebbasta è stato il mio feticcio dell’anno. Non l’avevo capito per niente appena uscì con il suo primo disco. Eppure Sfera è la prima, vera Rockstar della musica italiana, dove “rockstar” vale come sbruffone che si gode la sua vita smeralda in barba agli haters e ai “poveri” del Primo Maggio, ai quali ha sbandierato fiero i suoi due rolex. Ricchi X Sempre non è soltanto il racconto del parvenu fiero di dove è arrivato ma è anche il pezzo più catchy di tutto Rockstar. Charlie Charles, il suo produttore di fiducia, ha davvero tirato fuori una base pazzesca.
7. 90Min – Salmo
Salmo dà il via all’era Playlist con una canzone che, letteralmente, ti spettina e che sputtana, con il suo solito garbo, l’attuale società italiana, colma di pregiudizio e stereotipi. Pezzo clamoroso ascoltato in loop, appena uscito.
6. Youngblood – 5 Seconds of Summer
Non ci avrei scommesso due lire su di loro, ma d’altra parte ce li hanno venduti come la coppia australiana degli One Direction. E invece il rock dei 5 Seconds of Summer è carico di un’elettronica che spacca i culi. Non dimenticherò mai il primo ascolto di sto pezzo, quando è partita la batteria è stato amore. Bomba.
5. Pesto – Calcutta
Che fatica ste prime posizioni, madonna. Calcutta non sarà riuscito a replicare la bellezza del suo primo disco Mainstream con Evergreen ma è di certo stato capace di tirare fuori inni da stadio altrettanto clamorosi. Tanto è vero che poi lo stadio se l’è pure meritato. Edoardo d’Erme è meraviglioso ed è l’unico artista indie/non indie alternativo/non alternativo ad essere sempre rimasto fedele a sé stesso. Non come il suo amico barbuto che fra un po’ si vende anche la madre.
4. Quando ho incontrato te – Cosmo
Cosmo firma una canzone di rara delicatezza con cui racconta com’è nato il suo amore infinito per la moglie. Cosmotronic è senza dubbio uno degli album dell’anno e questa è la sua perla.
3. God is a woman – Ariana Grande
God is a woman è il secondo spettacolare singolo (dopo la stupenda No tears left to cry) di un disco osceno come Sweetener. Ariana Grande, e me ne ero reso conto al One love Manchester, è un’artista molto più r&b di quello che ci vorrebbero far credere. God is a woman è una canzone con la quale Ariana, fra il rap e il soul, con spruzzate di gospel, canta l’orgoglio di essere donna, fiera, forte, consapevole anche e soprattutto da un punto di vista sessuale. Un inno femminista tutt’altro che pedante, e considerato quanto possono essere insostenibili le femministe al giorno d’oggi è tanta roba.
2. Cara Italia – Ghali
Ghali è stata una delle più grandi delusioni dell’anno. Partito benissimo dal “sottobosco” (l’anno scorso era primo nella mia classifica dei migliori dischi) l’artista si è piano piano commercializzato, diventando il più classico degli artisti di cui parlano i giornalisti che di musica non capiscono niente, che poi finisce da Maria de Filippi e poi fa il concerto evento al Forum di Assago con la diretta di RTL 102.5. Per non parlare delle sfide SEO su Google per testi e significati delle sue canzoni. Insomma, Ghali è diventato commerciale e ha perso un po’ del fascino che aveva lo scorso anno.
Cara Italia, però, è un pezzo che il 2018 l’ha a suo modo definito. Il brano si è fatto conoscere in punta di piedi, prima come canzone della pubblicità Vodafone, creando intorno a sé un alone di mistero e di hype davvero ottimo, da un punto di vista strategico e commerciale. Quando è uscito il pezzo, obiettivamente uno spettacolo, ci si è resi conto subito di come fosse una canzone che parlava dell’accettazione dello “straniero” in Italia, particolarmente di quello che è nato e cresciuto nel nostro paese e che spesso usa i congiuntivi meglio di molti altri autoctoni. In un’epoca dominata da Salvini e dai suoi elettori e dalle polemiche sullo ius soli, è a suo modo un brano pregevole. Che poi però è finito a chiudere la scaletta del suddetto concerto evento, quindi thank u, next.
1. Gravità – Frah Quintale
Lo so, lo so, lo so. Sono arrivato tardi, tardissimo. Gravità è uscita nel 2016, ad essere precisi. Frah Quintale, fino a quest’anno, era rimasto per me il classico artista di cui leggevo sempre il nome in giro ma di cui avevo sempre voluto, consciamente o inconsciamente, ignorare l’esistenza. Ogni tanto mi succede, non ci posso fare niente. Vale soprattutto per quei cantanti che hanno i nomi tipici da band indie. Gazzelle, i Pinguini Tattici Nucleari, Cimini, Canova, anche i The Zen Circus. Non è che non li voglio ascoltare o che non li conosco, è che spesso mi basta il nome per sapere già quello che mi posso aspettare. E devo dire che è piuttosto difficile, per me, sbagliare.
Frah Quintale, faccio coming out, l’ho conosciuto soltanto al Concerto del Primo Maggio 2018, per di più “per lavoro”. Fin da subito di lui mi ha colpito la voce e lo stile musicale, un rarissimo esempio di R&B italiano di alta qualità, e io con l’R&B ci sono nato e cresciuto. E poi diciamocelo, il boom lui l’ha fatto proprio quest’anno, pensate al tour che si sta per concludere.
Gravità, estratta dalla magnifica playlist Lungolinea (che Spotify dà uscita nel 2018, quindi va bene così, tiè) non è soltanto la mia personale canzone dell’anno ma è anche la canzone italiana più bella degli ultimi, fate, 10 anni. Il pezzo ha tutto: un testo meraviglioso (Frah Quintale è un poeta, giriamoci poco intorno), un ritornello catchy, un incedere funky e originale. Un capolavoro, che ti solleva da terra. Come se non ci fosse gravità.