Sono diventato un hipster del cazzo. Ero pieno fino a scoppiare di pregiudizi nei confronti di 25, il terzo pompatissimo album di Adele, pensavo che l’equazione cantante donna+bella voce=bel disco tanto strombazzata in giro sarebbe miseramente crollata di fronte ad un prodotto commerciale e dopo tutto nella media, se non addirittura dozzinale. E invece…e invece l’artista dei record (aggettivo abusatissimo, ma tant’è!) ha tirato fuori dal cappello un disco pop con i controcazzi, che fila liscio come l’olio fin dal primo ascolto.
Il mio giudizio è dipeso non soltanto dalla voce di Adele, calda, perfetta, sempre seducente e accogliente come un piumone in inverno (non è casuale che l’album sia uscito proprio nella stagione fredda) ma anche dal fatto che 25 è un concentrato del miglior pop che ci saremmo potuti aspettare, con ballate clamorose ma anche pezzi per niente scontati che, almeno al sottoscritto, hanno tanto ricordato dal punto di vista melodico alcuni lavori squisitamente anni novanta di Alanis Morrisette, Natalie Imbruglia, Whitney Hosuton (vedasi All in ask), aggiungendo così a canzoni già belle di per sé quell’irrestibile carattere “nostalgia canaglia” che non poteva che farmi miseramente crollare. Per non parlare poi di Million Year Ago, quasi dal retrogusto latino, che già suona come un classico.
Fra le altre cose, ho sentito in questo 25 molta meno tristezza di quanto si dica in giro, quantomeno dal punto di vista legato alle produzioni: il pianoforte strappalacrime di Someone like You e Turning Tables (o ancora di Hometown Glory, capolavoro contenuto nel suo primo album 19) non sparisce di certo (come nel caso di Can’t let go) viene sostituito con più frequenza da bassi, chitarre, batterie che danno al progetto un sound dal sapore più spesso e deciso. Questo è per esempio il caso della spettacolare I Miss you, canzone che mi ha fatto innamorare fin dal primo ascolto, o ancora Send My Love, impreziosita da un riff di chitarrina in sottofondo opera del re mida del pop Max Martin; quando il piano smette di piangere poi escono fuori dei piccoli gioielli come Remedy, la ballad perfetta uscita dal genio di Ryan Tedder, leader dei One Republic e vera e propria macchina da hit.
In tutta questa ricchezza di contenuti un brano come Hello, pur estremamente valido, quasi si perde per strada, anche in ragione del fatto che è fra tutte le tracce dell’album quella più triste e sofferta (una storia finita, un amore mai dimenticato, una ferita che non si è più rimarginata, la solita vita di merda insomma) e proprio per questo quasi, ma sottolineo quasi, stona con il resto: 25 è infatti un disco magistrale, imponente, elegante, posato come pochi ma soprattutto estremamente orecchiabile. Che di 11 canzoni (14 nella versione finita in rete) 11 siano potenziali singoli è davvero cosa rara e questo fa di quest’album il miglior disco di tutto il 2016. Certo, sempre a meno non arrivi la Beyoncé di turno al 29 di dicembre a rovinarle i piani, anche se stavolta la vedo davvero dura.
Tracklist
1. Hello
2. Send My Love (To Your New Lover)
3. I Miss You
4. When We Were Young
5. Remedy
6. Water Under The Bridge
7. River Lea
8. Love In The Dark
9. Million Years Ago
10. All I Ask
11. Sweetest Devotion