Qualche giorno fa il giovanissimo Matteo, alunno in una scuola di provincia di Ravenna, ha inconsapevolmente scatenato un putiferio nel mondo della linguistica italiana dando vita ad un termine, il già abusatissimo “petaloso“, diventato in una manciata di ore l’ennesimo tormentone della rete: da un giorno all’altro Facebook, Twitter e Instagram (diciamocelo, gli altri social non se li fila più nessuno) sono diventati un pullulare di fiori, petali e citazioni al nuovo fenomeno virale, del quale da qui a qualche giorno non parlerà più nessuno. È davvero interessante, in effetti, notare come qualunque evento di particolare originalità e interesse riesca ormai a svilupparsi sul web (e solo in un secondo momento sulla carta stampata e in televisione) seguendo un percorso che è bizzarramente sempre identico e ci porta a prevedere esattamente il suo sviluppo, dalla nascita all’oblio più totale.
Nell’ultimo paio d’anni i fenomeni virali sono tutti partiti da un social network che la massa ignora e l’élite invece idolatra: sto parlando di Twitter, piattaforma dalla quale i migliori redattori online estraggono le informazioni più fresche del web, una fucina di news bollenti che possono far schizzare i contatti di una testata online in un battibaleno (spesso basta soltanto uno screenshot) ore e ore prima di qualunque comunicato stampa ufficiale. Proprio a partire dalla piattaforma dai 140 caratteri nasce un hashtag, oppure viene pubblicata una notizia che resta inosservata per almeno un’oretta ma inizia ad esplodere poco a poco, raggiungendo Facebook (di norma) poco meno di 24 ore dopo.
Un caso clamoroso, in questo senso, è stato quello del vestito blu-oro, partito da un delirante post su Tumblr ed esploso su Twitter durante la notte: quella mattina, a partire da mezzogiorno circa, tutti i vostri amici avevano iniziato a pubblicare una foto del capo d’abbigliamento bicolor oppure una loro opinione sul suo colore. Una volta che la viralità del contenuto è ormai conclamata e l’hashtag è in TT parte la lotta al posizionamento su Google: poiché i contenuti virali non sono, almeno per adesso, pane quotidiano delle grandi testate, sono i blog e i siti minori a trarne i maggiori vantaggi in termini di views perché la gente inizia immediatamente a cercare le informazioni a riguardo e le chiavi di ricerca, all’improvviso, esplodono.
Quando l’elemento è già virale da diverse ore inizia un percorso che è sempre, incredibilmente, identico: la prima pagina che aveva parlato dell’argomento sprofonda nei risultati di ricerca (Estense.it, il primo a parlare di petaloso, è ora in TERZA pagina su Google, praticamente come se non ci fosse) sommersa prima dalle grandi testate e successivamente da tutti i siti minori che, a neanche 24 ore dalla nascita del contenuto, iniziano a calcarne l’onda di brutto. Nascono in questo modo le gallery con le parodie del web, le reazioni dei personaggi famosi (da questo punto di vista, il processo è simile a quello della morte di un artista) e, puntualissime, anche le versioni parallele della stessa vicenda: in queste ultime ore, per esempio, iniziano a pullulare gli articoli che negano al piccolo Matteo l’invenzione di -petaloso-, parola già esistente in uno scritto del 1693. In breve, tutti vanno alla disperata ricerca della condivisione facile sui social. L’inizio del declino, purtroppo o per fortuna, arriva quando vengono aperte pagine Facebook ad hoc che raccolgono improvvisamente centinaia di migliaia di fan (vedasi Sii come Bill o Le profezie di Oriana) capaci di stufare dopo, letteralmente, il quarto post pubblicato, che già non fa più alzare mezzo lato della bocca.
I più fortunati contenuti virali si trasformano in meme, da riutilizzare all’infinito per ogni occasione ed evenienza (gli ormai insopportabili John Travolta confuso e la gif di Tina Cipollari che esce dallo studio di Uomini e donne), tutti gli altri (come fu il caso del Giropizza con Matteo o del Sono giapponese) cadono più o meno nel dimenticatoio, diventando oggetti di battute durante le pizzate con gli ex compagni del liceo o fonte di ispirazione per Youtuber tristi e senza talento che dopo l’ennesimo video non sanno più da dove trarre le battute per i loro sketch comici. Tutto questo, ovviamente, prima che si compia il miracolo del nuovo, scintillante contenuto virale con il quale tutti (blogger, giornalisti, utenti di Facebook) prima o poi avremmo a che fare. Questa, come in molti hanno già capito, è in assoluto la più promettente fonte di guadagno e visibilità sul web che esista al giorno d’oggi.