Nei giorni scorsi, come da tradizione, un gruppo di fortunati giornalisti ha avuto l’occasione di ascoltare in anteprima tutte e 24 le canzoni dei BIG in gara al Festival di Sanremo 2020.
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La kermesse canora, in programma su Rai Uno dal 4 all’8 febbraio prossimi, vedrà salire sul palco ben 24 BIG, provenienti dai mondi musicali più diversi.
In linea generale, si dice che i pezzi migliori siano quelli di Anastasio, Diodato, Junior Cally e Rita Pavone. A deludere le aspettative della stampa, al contrario, sono stati i pezzi di Alberto Urso, Giordana Angi e Achille Lauro. Un paio di pezzi, come quello di Elodie o di Elettra Lamborghini, sembrano essere perfetti per le radio ma non certo per la vittoria finale. Staremo a vedere!
Nel frattempo qui sotto trovate tutti i commenti delle principali testate alle canzoni di Sanremo 2020.
Anastasio – Rosso di rabbia
Corriere: Intensità teatrale e un riff al gusto blues corretto Salmo per lo sfogo di un personaggio che sarà protagonista del concept album in arrivo.
All Music Italia: La rabbia è il fil rouge della ancor breve carriera di Anastasio e anche il pezzo sanremese non fa eccezione.
Il vincitore di X Factor 2018 canta: “Io vorrei farlo e non posso non è roba da poco, strillare mentre questi mi fanno le foto. Come ti senti? Disinnescato”
Un brano che si apre con un tappeto sonoro che si caratterizza per la presenza di chitarre elettriche e acustiche. Un testo arrabbiato, ma che tocca temi importanti in cui la voce è volutamente quasi distorta, con un effetto che enfatizza le sensazioni che l’artista canta. “La mia rabbia non volevo sprecarla così”. La base ricorda i brani rock degli anni ’70 e ’80.
Rockol: Riff di chitarre elettriche e slide, per un rap-rock che a tratti ricorda alcune cose di Salmo. Anastasio racconta la sua rabbia, in maniera non troppo distante da “La fine del mondo”, il brano che gli fece vincere X Factor: “Non volevo, la mia rabbia non volevo sprecarla così / Panico panico/sto dando di matto/qualcuno mi fermi fate presto / Per favore, per pietà”.
Soundsblog: Il titolo dice già tutto. Il vincitore di X Factor arriva sul palco del Festival un po’ incazzato (dice che ha 21 anni e può permetterselo, di incazzarsi). Si sente disinnescato, sta dando di matto e ne approfitta per vomitare la sua insoddisfazione personale con una canzone rap dal ritornello inaspettato. D’impatto, colpisce.
Canteremo: “Voi scrocconi di emozioni, sempre in cerca di attenzioni”
Giordana Angi – Come mia madre
Corriere:Di mamma ce n’è una sola, ma si fatica a distinguere quella di Giordana dalle altre. La sua voce graffia.
.All Music Italia: Giordana ha un talento immenso, che in questo brano non è espresso a pieno. Un tema sentito, popolare, ben interpretato, ma che ha nel testo, forse un po’ scontato, la sua pecca principale.
L’arrangiamento orchestrale, grazie anche a un inciso forte, darà un impulso diverso a un brano che non rende giustizia a un’artista con grandi potenzialità autorali e interpretative. Sul finale in ogni caso arriva l’emozione vera…
“Dammi la borsa che è troppo pesante. Non puoi fare sempre tutto da sola che di persone ce ne sono tante ma col tuo cuore ce n’è una sola…”
Voto: 6 e mezzo
Rockol: Una ballata dedicata alla madre: “Ti scriverò un messaggio / appena uscita dalla stazione / ci vediamo poi per pranzo / non vedo l’ora di parlarti”. Parte in sordina per poi esplodere nel ritornello: lì la cantautrice tira fuori un bel graffio, che ricorda (forse fin troppo) quello di Noemi. Il finale, con quell’intreccio di archi, è strappalacrime.
Soundsblog: Non sconvolge né stupisce: Giordana Angi fa Giordana Angi. Il testo è molto bello, la melodia è romantica ma un po’ più scontata. Chiede scusa a una persona se non le ha mai detto quanto le vuole bene, anche se è il più bel regalo dei suoi compleanni.
Canteremo: “Se un giorno sarò una mamma, vorrei essere come mia madre”
Piero Pelù
Corriere: Il nonno rock guarda il suo nipotino prepararsi per affrontare il mondo. Il ritornello fa un po’ sigla dei cartoni animati.
.All Music Italia: Piero Pelù è… nonno, ma non perde del tutto la sua vena rock in un brano che ricorda vagamente il suo esordio solista di una ventina di anni fa. La differenza è dettata da un’elettronica che, anche se accennata, fornisce all’arrangiamento rock una vena moderna che si appoggia sulla voce dell’ex Litfiba. In questo si nota l’intervento produttivo di Luca Chiaravalli, che ha dimostrato più volte che sa come affrontare Sanremo.
L’inciso recita: “Niente di proibito, tu sei il benvenuto al mondo”. Che sia un riferimento a: “Dice che proibito, che è proibito anche pensare”? Sono passati ormai 30 anni dal brano contenuto nell’album El Diablo, ma Piero è sempre Piero, nonostante un’impronta più pop.
Voto: 6 e mezzo
Rockol: Un elettro-rock in cui si sente la mano di Chiaravalli (Nek, Berté, Stadio), dal suono carico e dalla cassa dritta. Un’altra canzone famigliare: il gigante è il suo nipote: “Niente di proibito sei pronto a cavalcare il mondo / Fatto il tuo castello volante/Con la fantasia di un bambino… Gigante”
Soundsblog: Una gran bella canzone. Il rocker (per la prima volta a Sanremo) si veste da nonno e dedica questa canzone canzone al nipotino, nato nel 2017. Molto ritmo, molto rock. Chiaravalli (che produce) è una garanzia. Promossi.
Canteremo: “Tu sei il mio gesù la luce sul nulla, un piccolo buddha”-
Diodato – Fai Rumore
Corriere: Delicatezza e fragilità, la voce più bella è la sua e ci porta dentro una storia di incomunicabilità in cui sembra impossibile non ricadere.
.All Music Italia: Il brano si apre con il verso “Sai cosa penso? Che non dovrei pensare”. Una riflessione su chi potrebbe e dovrebbe agire, ma troppo spesso si ferma e apre la bocca per criticare.
“Non lo posso sopportare questo silenzio innaturale”, questo il verso più importante di un inciso che ha una forza travolgente.
Il pianoforte è il protagonista dell’arrangiamento, anche se le percussioni e gli archi danno il giusto crescendo a un brano che si farà apprezzare ascolto dopo ascolto.
Da segnare il bridge strumentale in cui gli archi dialogano con i fiati.
Rockol: Parte voce e piano (“Sai che cosa penso/che non dovrei pensare”), poi la canzone si apre, ricordando certe cose più melodiche dei Radiohead (“Street spirit” e “High & dry”). Bello il finale corale: “Ma fai rumore sì, che non lo posso sopportare / questo silenzio innaturale / E non ne voglio fare a meno / oramai / di questo bellissimo rumore che fai”. Una scrittura al tempo stesso pulita e raffinata
Soundsblog: Per il suo terzo Festival il cantautore chiede di abbattere i muri dell’incomunicabilità. Il protagonista del brano cerca di fuggire da una persona (una storia finita? un’amicizia andata al macero?), ma poi torna sempre da lei. Non sopporta il “silenzio innaturale” che si è creato. L’inciso è sorpredente. Osa e spinge con la voce, come se gridasse il suo dolore.
Canteremo: “Fai rumore e non so se mi conviene, se il tuo rumore mi conviene”
Elodie – Andromeda
Corriere: Elodie: voto 7
«Andromeda»
Empowerment femminile in esplorazione urban con le firme, vincitrici lo scorso anno, di Mahmood e Dario Faini.
All Music Italia: Un brano che descrive l’evoluzione musicale di Elodie e la sua tendenza che nel tempo l’ha portata a essere una delle artiste urban più importanti del nostro paese, con una spiccata vocazione internazionale.
La produzione di Dardust spicca per originalità e per continui cambi che modificano spesso melodia e armonia sulle quali Elodie si muove con disinvoltura, grazie anche ad effetti vocali mirati.
Il testo di Mahmood è altrettanto riconoscibile e colpisce fin dal primo verso: “Dici che sono una grande stronxa che non ci sa fare, una donna poco elegante…“. L’inciso invece recita: “la mia fragilità è la catena che ho dentro ma se ti sembrerò piccola non sarò la tua Andromeda”.
Voto: 7
Rockol: Due terzi degli autori di “Soldi” (Mahmood e Dardust, manca Charlie Charles) al servizio della voce di Elodie, che qui si allontana dall’immagine dell’interprete tradizionale degli esordi per avvicinarsi più a quella della femcee che alza la testa e si ribella: “La mia fragilità è la catena / che ho dentro ma / se ti sembrerò piccola / non sarò la tua Andromeda”. Una canzone irregolare, con strofa, bridge e ritornello che vanno in direzioni tra loro diverse. E quei tastieroni Anni ’80 profumano già di Eurovision.
Soundsblog: Si sente molto la mano di Mahmood (che firma il pezzo con Dardust Faini). Se Elettra è la regina del twerk, con questo pezzo Elodie punta a diventare la regina dell’elettropop. Un uomo le dice che è una grande stronza, lei risponde che non sarà mai suoi marito. E che si era sbagliata a confondere “il tuo ridere per un vero amore”. La sentiremo molto in radio.
Canteremo: “Non sarò la tua Andromeda”
Marco Masini – Il Confronto
Marco Masini: voto 5,5 «Il confronto»
Il cantautore si mette al piano e allo specchio e guardandosi alle spalle finisce per accettare quello che è stato. L’immagine però non è ben a fuoco.
L’artista, che sul palco dell’Ariston festeggerà 30 anni di carriera, si guarda allo specchio e fa un bilancio della propria vita. Il brano è… Masini e l’arrangiamento ricorda vagamente Che Giorno è, il pezzo portato in gara nel 2015.
La strofa è più significativa dell’inciso, ma il brano ha dalla sua la volontà di raccontarsi senza filtri, esprimendo una sincerità che oggi più che mai è merce rara.
Una consapevolezza personale e artistica che, in Masini, si fa strada canzone dopo canzone, anno dopo anno. L’impronta Camba / Coro e decisamente marcata al punto che… sembra un brano strappato al repertorio di Alessandra Amoroso.
“Non sei arrivato qui per sbaglio. Hai dato tutto il peggio, ma hai fatto del tuo meglio...”
Voto: 6 e mezzo
Rockol: Il cantautore toscano si guarda allo specchio e ripensa al passato: “E sei stato un bugiardo / non hai avuto coraggio / quasi sempre imperfetto ma qualche volta saggio”. “Il confronto” è la canzone giusta per accompagnare i festeggiamenti per i suoi trent’anni di carriera.
Soundsblog: Marco Masini si guarda allo specchio e fa autoanalisi. Guarda al passato e si dice alcune cose. Tipo? Che è stato uno stronzo e un bugiardo, ma anche un signore e un marito mancato. Una ballatona in pieno stile “masiniano”.
Canteremo: “Mi sono permesso di parlarti davvero e accettare me stesso”
Paolo Jannacci – Voglio parlarti adesso
Corriere: «Voglio parlarti adesso»
Dedicata alla figlia, punta all’eleganza ma si perde nel già sentito.
All Music Italia: Un brano delicato dedicato alla figlia e a quell’amore che solo un padre può provare.
Il pezzo però è molto classico, forse troppo e da un artista come Jannacci ci si poteva aspettare qualcosaini più, soprattutto per la buona qualità dell’album d’esordio uscito lo scorso autunno.
Il pianoforte è lo strumento su cui si appoggia tutto il brano e anche il continuo dialogo con gli archi avrebbe potuto essere sviluppato in maniera più creativa. Il testo è onesto, sincero e a tratti commovente.
“Ho visto piangere un gigante, figurarsi se non piango io”
Rockol: Una canzone in punta di piano, dedicata alla figlia: “Voglio parlarti adesso solo per dirti che / nessuno può da questo cielo / in giù volerti bene più di me”. Molto classica, una delle non molte ballate tra le 24 canzoni in gara.
Soundsblog: Una dichiarazione d’amore per la figlia, Allegra, nata 12 anni fa. Un’armonia romantica, tra piano e violini. Il testo è affettuoso, emozionante, struggente. La Cura 2.0.
Inizia con: “Là fuori c’è la guerra e dormi”. Chiude con: “Adesso dormi”
Elettra Lamborghini – Musica (e il resto scompare)
Corriere: Elettra Lamborghini: voto 6
«Musica (e il resto scompare)»
La regina del twerk impegnata in una scena di sesso esilarante, lui che la chiama con il nome di un’altra e lei che sembra parecchio annoiata: premio al testo più fresco e cialtrone. Eh sì, è un reggaeton.
All Music Italia: Il pezzo è un raggaeton super orecchiabile che in radio funzionerà e non poco. Un brano si basa sul personaggio di Elettra e sulla sua capacità interpretativa, non in senso letterale…
Il verso “Innamorata di un altro cabron, esta es la historia de un amor…” ed il ritornello tormentone ce lo porteremo dietro fino all’estate come per i Boomdabash lo scorso anno.
Voto: 6
Rockol: La sua canzone porta la firma di due hitmaker: Davide Petrella (già autore per J-Ax e Fedez) e Michele Canova (Tiziano Ferro, Giorgia). E si sente: “Musica (E il resto scompare”) è uno dei pezzi destinati ad arrivare fino alla prossima estate e a diventare – in anticipo – uno dei tormentoni del 2020. Ritmi latini, sonorità reggaeton: Elettra forse non twerkerà anche sul palco dell’Ariston (nelle ultime uscite si è presentata con casti tailleur) ma ci sono dei versi (“Innamorata di un altro cabron / esta es la historia de un amor”) che ti si appiccicano addosso al primo ascolto.
Soundsblog: Che bomba. Con autotune a manetta, la “twerking queen” arriva a Sanremo con un brano molto latino. Racconta di essersi innamorata di un “cabron”, che non le ha mai detto che è bella, che l’ha fatta soffrire. Ma ora no, quello che resta quando pensa a lui è soltanto musica (e il resto scompare). Ritmo travolgente. Se regge la voce, reggerà anche il resto.
Canteremo: “Innamorata di un cabron, esta es la historia de un amor”
Pinguini Tattici Nucleari – Ringo Starr
Corriere: Pinguini Tattici Nucleari: voto 7,5
«Ringo Starr»
Il bello di essere Ringo in un mondo di Paul e John; la leggerezza del funk e i colti echi beatlesiani. Per rispondere a chi si domanda «Pinguini cosa?» hanno un Forum soldout in arrivo dopo il Festival.
All Music Italia: Ci si aspettava una sorpresa e così è. I Pinguini Tattici Nucleari non snaturano sé stessi e propongono un brano orecchiabile e piuttosto forte.
Una produzione travolgente e orecchiabile e un testo divertente, in cui emergono tutte le contraddizioni e gli interrogativi quotidiani. Una presa di coscienza di quello che si vorrebbe essere o diventare, ricca di citazioni tra Batman, Robin e… il Re Leone.
“In un mondo di John e di Paul io sono Ringo Starr…”
Voto: 7 e mezzo
Rockol: Un incipit beatlesiano (i fiati ricordano “All you need is love”), con Ringo Starr che diventa il simbolo di una scelta diversa – non è la prima volta che il batterista diventa protagonista di una canzone, anzi (le abbiamo raccolte qua). Poi però si sposta subito verso sonorità più funk-pop. I ragazzi della band bergamasca si fanno portavoci della loro generazione, alla ricerca di un posto nel mondo: “Gli amici ormai si sposano alla mia età ed io mi incazzo se non indovino all’eredità”. Il ritornello è uno dei più radiofonici, con quell'”in un mondo di John e di Paul io sono Ringo Starr”, ripetuto a mo’ di mantra . Anche chi negli ultimi giorni si è domandato chi diamine fossero i Pinguini Tattici Nucleari, alla fine sorriderà. E magari si ricrederà, anche.
Soundsblog: La quota “freschezza” la portano loro. I Pinguini arrivano a Sanremo da (pressoché) sconosciuti al grande pubblico. La sciura Maria si chiederà: “Ma chi?”, poi però si farà travolgere da una canzone trascinante, sorprendente, pazzesca. Piacerà a grandi e piccini.
Canteremo: “In un mondo di John e di Paul, io sono Ringo Starr”
Irene Grandi – Finalmente io
Corriere: Irene Grandi: voto 6,5
«Finalmente io»
Una seduta di analisi con il dotto vasco (che firma il pezzo con Curreri e altri) per rimettere in bolla vita e carriera.
All Music Italia: Sarebbe il caso di dire… finalmente! Irene Grandi torna con un’energia che discograficamente le mancava da tempo.
Il brano è cucito sulla sua voce e sulla sua capacità di interpretare un brano rock. La mano di Vasco Rossi e quella di Gaetano Curreri si sentono in ogni singolo accordo e in ogni verso, ma l’unione artistica tra loro funziona e il passato ne è una dimostrazione concreta.
Chitarre elettriche, percussioni e qualche incursione del pianoforte in un brano che farà saltare l’Ariston e il pubblico a casa.
“Da sempre arrabbiata, da sempre sbagliata e ancora così […] Ma quando canto… sto da Dio!”
Voto: 7 e mezzo
Rockol: Si rinnova il sodalizio tra la cantante e Vasco, già autore per lei di alcuni successi in passato (proprio all’Ariston sfiorò la vittoria con “La tua ragazza sempre”, nel 2000). La canzone – co-firmata da Curreri e da Andrea Righi e Roberto Casini, storici collaboratori di Rossi – è un abito cucito addosso alla rocker toscana, che a cinquant’anni si guarda indietro e traccia un bilancio della sua storia e della sua carriera fino ad oggi: “Da sempre arrabbiata / da sempre sbagliata / e ancora così”. C’è tanto Vasco (anche nell’interpretazione, sfrontata e sfacciata), quanto quello di Celso Valli – lavora con il rocker da trent’anni – che si sente soprattutto negli archi.
Soundsblog: Anche Irene Grandi fa Irene Grandi (e non è un bene). Ci si aspettava una canzone potente per un rilancio in grande stile, e invece non è arrivata… nonostante la firma di Vasco Rossi. Finalmente Io è un brano che avrebbe potuto cantare vent’anni fa. Celebrativa ma non coraggiosa.
Canteremo: “Ma quando canto sto da Dio, mi sento d’incanto e il mondo è mio”
Junior Cally – No Grazie
Corriere: «No grazie»
Il rapper mascherato se la prende coi populisti e scaglia chitarroni rock contro Salvini («odio il razzista/ che pensa al Paese/ ma è meglio il mojito») e Renzi («il liberista di centro sinistra/ che perde partite/ e rifonda il partito»).
All Music Italia: Quelli che dopo il suo annuncio nel cast di Sanremo 2020 si sono chiesti: “Chi è Junior Cally?” resteranno sorpresi da un brano che ha ben poco del rap e del suo passato, ma che tratta con disinvoltura numerosi temi su una base decisamente rock… “Sono un fuoriprogramma televisivo.”
Lui non rappa, canta, partendo dall’inciso, e lo fa con cognizione di causa, risultando credibile dall’inizio alla fine. Numerosi i temi toccati e che faranno discutere: populismo, razzismo e… mojito!
“Spero si capisca che odio il razzista che pensa al paese ma è meglio il mojito e pure il liberista di centro sinistra che perde partite e rifonda il partito…”
Voto: 7 e mezzo
Rockol: C’è lo zampino di Merk & Kremont, anche loro tra i principali producer del nuovo pop italiano. Anche lui, come Anastasio, si rifà a Salmo nei suoni: un po’ hip hop, un po’ rock, con i riff delle chitarre elettriche che accompagnano la sua voce nel ritornello. Nei versi se la prende con tutto l’arco politicona destra a sinistra: “Spero si capisca / che odio il razzista / che pensa al Paese / ma è meglio il mojito / e pure il liberista di centro sinistra / che perde partite / e rifonda il partito”. Farà discutere.
Soundsblog: Una sorpresa dirompente. Il testo è potente, la melodia pure (un po’ alla Salmo). Farà discutere per i riferimenti (neanche troppo velati) ai due Mattei della politica. Salvini da una parte, Renzi dall’altra. Cita anche la dittatura del politicamente corretto. Fare il populista? Il rapper con la maschera risponde: “No grazie”. La canteremo.
Canteremo: “Spero che si capisca che odio il razzista che pensa al Paese ma è meglio il mojito”.
Le Vibrazioni – Dov’è
Corriere: Le Vibrazioni: voto 6
«Dov’è»
La strofa è faticosa, ma il ritornello trascina e ripete il titolo, come un mantra, per un totale di 50 volte senza annoiare.
Il rock melodico e la voce di Francesco Sarcina incontrano la scrittura di Roberto Casalino (e Davide Simonetta) in un brano in cui le peculiarità compositive dei due è riconoscibile fin dalla prima nota.
Per la band potrebbe essere una Vieni da me 2.0, attualizzata nonostante sonorità che ricordano le ballad degli anni ’70.
Un pezzo incalzante in cui incuriosisce l’utilizzo del pianoforte e di una ritmica mai invadente, ma estremamente importante. L’inciso resta e lo si può cantare già dopo il primissimo ascolto.
“Ho una clessidra ferma al posto del cuore…”
Voto: 7 e mezzo
Rockol: Parte piano e voce poi si apre, diventando una power ballad con chitarre e arche. Una canzone motivazionale e sull’aspettativa del futuro, che gioca sulla ripetizione di “Dov’è”, ripetuto 32 volte: “Dov’è dov’è/Mi che dov’è quel giorno che non sprecherai/il cielo rosso, l’orizzonte/e l’odio arreso al bene/Dov’è/Mi chiedo dov’è”
Soundsblog: Rischia di rimanere in testa in maniera martellante. Se non altro perché Sarcina canta “Dov’è” per ben 16 volte soltanto nel ritornello.
Canteremo: “Ho sete di stupore, mi puoi accontentare?
Achille Lauro – Me ne frego
Corriere::Achille Lauro: voto 6,5
«Me ne frego»
Il rap è un ricordo lontano. Si torna sul luogo del delitto di «Rolls Royce» con le chitarre che invitano a ballare. Racconto di una storia malata dove lui continua a cascare nelle bugie di una lei-strega.
A un anno di distanza da Rolls Royce e dopo aver stupito prima con l’album 1969 e il singolo 1990, Achille Lauro esplora il mondo della dance anni ’90 con effetti vocali tipici di quel periodo.
Un incipit in cui la voce di Lauro è supportata solo da una chitarra, fino all’esplosione in un inciso forte in cui il verso “Tu sei mia, tu sei tu, tu sei più” farà ballare l’Ariston e in radio funzionerà.
Nell’interpretazione Lauro assomiglia sempre più al primissimo Jovanotti e la chiusura del brano con le percussioni che rimandano a We Will Rock You dei Queen è furbo, ma estremamente catchy.
Voto: 7+
Rockol: Chitarre elettriche, sintetizzatori e tastiere, una cassa dritta nel ritornello. Rime che potrebbero far storcere il naso agli amanti della forma: “David di Michelangelo / occhi ghiàcciolo” (prounciato così, con l’accento sulla “a”). Come nel 2019, Achille Lauro gioca con l’ambiguità delle parole: la canzone parla d’amore (“Sono qui / Fai di me quel che vuoi / non mi sfiora nemmeno / Me ne frego”). Farà partire una nuova polemica come per “Rolls Royce”? La canzone sembra però più far riferimento a Vasco: ”È una strega / solo favole / a far la scema è abile / agile”. Meno sorprendente di “Rolls Royce”, ma funzionerà.
Soundsblog:Il titolo è una citazione mussoliniana come qualcuno pensava? Macché. Stavolta Lauro racconta un amore malato, verso cui sembra essere un po’ schiavo e sottomesso. “Fai di me ciò che vuoi”, canta. La donna di cui parla è una strega, un’instabile, una vipera in cerca di un bacio. Ma lui ne vuole ancora. Untempo in stile Anni Ottanta, infarcita da un po’ di autotune. Farà ballare (ma non sconvolgerà come aveva fatto Rolls Royce).
Canteremo: “Dimmi una bugia me la bevo, sì sono ubriaco ed annego”
Levante – Tikibombom
Levante: voto 6,5
«Tikibombom»
Non è il titolo di Elettra Lamborghini, ma il ritmo da non seguire per evitare l’omologazione. La cantautrie scrive una lettera a quattro persone per evidenziare il bello della diversità
Il cantautorato al femminile è vivo e Levante lo dimostra portando sul palco dell’Ariston un brano coraggioso che non mancherà di far parlare e riflettere.
Violenza, abusi, bullismo e discriminazione supportati da un arrangiamento che non lascia nulla al caso, ma che esalta il concetto che… siamo soli, ma dentro di noi abbiamo la forza per rialzarci e andare avanti.
“Noi, siamo luci di un’altra città, siamo il vento e non la bandiera, siamo noi… Noi, siamo gli ultimi della fila…”
Voto: 7 e mezzo
Rockol: Il titolo (tutto attaccato) è quello del ballo che accomuna nel rifiuto i quattro protagonisti della canzone, che scelgono i propri ritmi. Una canzone sulla diversità, sul non omologarsi: “Ciao tu, animale stanco/sei rimasto solo/non segui il brano/balli il tango mentre/tutto il mondo muove il fianco/sopra un tempo che fa tikibombombom”. Niente reaggeaton, anzi, un pop potente che ricorda i brani più riusciti della cantante siciliana.
Soundsblog: Tranquilli, nonostante il titolo, Claudia Lagona non si è data al reggaeton. Con questo brano cerca di veicolare un bel messaggio, quello dell’accettazione degli altri. Dal “freak della classe” a chi non segue il branco: meglio stare soli che accompagnati da chi non ha sogni. Piacevole.
Canteremo: “Noi siamo gli ultimi della fila, siamo terre mai viste prima”
Rancore – Eden
Corriere: Rancore: voto 7,5
«Eden»
Nella storia dell’umanità abbiamo perso il Paradiso terrestre e il ta-ta-ta degli spari ci spiega bene come e perché. Un fiume di parole su una base dove si fa sentire un piano classicheggiante
All Music Italia: Rancore, dopo l’exploit dello scorso anno, propone un brano originale, in cui si riconosce il suo tocco.
La mela e il suo significato allegorico e metaforico sono il cardine di un brano in cui la produzione di Dardust (autore della musica) si sposa alla perfezione con un’interpretazione come di consueto intensa, decisa e diretta al punto giusto.
Vengono citati, per esempio, Newton, Biancaneve, Paride e la Siria. “Ogni mela che regali porta un’intuizione…”
Il Tac, tac, tac della pistola… ricorda il clap, clap di Soldi, ma è un segno distintivo di una produzione attenta e ormai riconoscibile per qualità.
Voto: 8 e mezzo
Rockol: Il rapper romano torna all’Ariston, stavolta da solo (l’anno scorso era comparso con le sue rime dure e crude al fianco di Daniele Silvestri su “Argentovivo”). Lo fa con un conscious rap nello stile di Eminem, ma con ritmi vagamente latini nel ritornello. Non a caso, lo ha composto insieme a Dario “Dardust” Faini: ricordate il “clap clap” di “Soldi”? Qui diventa “ta-ta-ta”, il suono degli spari: l'”Eden” è l’America raccontata nelle sue contraddizioni (ci sono riferimenti all’11 settembre, all’Iraq e al potere delle multinazionali). Farà riflettere.
Soundsblog: Un brano 100% alla Rancore. Racconta i nostri giorni, con una mela che fa da trade union. Le guerre e il terrorismo non lo lasciano indifferente. Cita l’11 settembre ma anche la Siria e l’Iraq. Spara dei colpi di pistola. Un testo sterminato (il più lungo), che ti cattura.
Canteremo: “Se la strega è in Iraq, Biancaneve è con i sette nani e dorme in Siria”
Morgan e Bugo – Rancore
Corriere: Bugo e Morgan: voto 7
«Sincero»
Un viaggio verso l’Inghilterra e uno nel tempo con destinazione anni Ottanta. Sogni e ambizioni a confronto con la sincerità
L’autobiografia sincera e diretta di un cantautore che si trova a metà del suo percorso di vita con tante cose da dire e qualche rimpianto. Una dichiarazione di quelli che erano gli intenti iniziali… che non sempre sono stati rispettati.
“Volevo fare il cantanti delle canzoni inglesi così nessuno capiva che dicevo...” Un brano in cui la produzione strizza volutamente l’occhio ai Bluvertigo e a un pop elettronico anni ’90.
Pezzo che funziona nelle strofe, nell’inciso e in un sorprendente bridge. Il duetto tra il precursore dell’indie italiano e il vate della musica vera è realmente sincero e funziona. Voto 7 e mezzo.
Rockol: Echi anni ’80, un ritornello orecchiabile, molto pop, con versi-slogan: “Bevi ma se vuoi fallo responsabilmente”. Bugo e Morgan raccontano di quando ci si toglie le maschere e alla fine non si piace più, mostrandosi per come si è veramente: “Sono sincero me l’hai chiesto tu / ma non ti piace più”.
Soundsblog: Che bella sorpresa. Inizia Morgan con una serie di luoghi comuni (“Bevi se vuoi, ma fallo responsabilmente”, “Paga le tasse”, “Non lamentarti che c’è sempre peggio”). A Bugo è affidato il ritornello, che è molto forte e molto, molto, indie.
Canteremo: “Volevo fare il cantante di canzoni inglesi”
Francesco Gabbani – Viceversa
Corriere: Francesco Gabbani: voto 6,5
«Viceversa»
Le parole giocano con gli opposti, il fischio del ritornello mette allegria.
Il brano che non ti aspetti, ma che sa colpire al cuore ed emozionare. Una canzone d’amore nel senso più stretto del termine, con un testo in cui si avverte surrealità e verità.
Una produzione ritmata, incalzante in cui l’artificio del fischio permetterà di canticchiare il brano e non solo il suo inciso in cui la parola “viceversa” arriva nel momento giusto, interpretata con quella furbizia creativa che è marchio di fabbrica di Gabbani.
“Basterebbe solamente dire senza starci troppo a ragionare, che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa.”. Voto 8
Rockol: La terza volta a Sanremo è con un brano molto diverso da “Occidentali’s Karma” e “Amen”. Inizia piano poi prende ritmo, con parti fischiettate: non è una ballata classica e non un pezzo pop. La scrittura (con Pacifico) non rinuncia ai giochi di parole e riferimenti alti: “Ma se dovessimo spiegare in pochissime parole / il complesso meccanismo che governa l’armonia delle parole / basterebbe solamente dire senza starci troppo a ragionare / che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa”
Soundsblog: Scordatevi il Gabbani dei tormentoni e della scimmia che balla. Il cantautore toscano vuole fare l’impegnato, tant’è che firma con Pacifico. Prova a spiegare il complesso meccanismo che governa l’armonia dell’amore con una canzone che è un crescendo… ma, tranquilli, non mancano le sue amate immagini figurate. Una ballad rock che (per essere capita) merita più ascolti.
Canteremo: “Sei tu che mi fa stare bene quando io sto male e viceversa”
Alberto Urso – Il Sole ad est
Alberto Urso: voto 5,5
«Il sole ad est»
Classica romanza per mettere in mostra la voce tenorile. L’amore è la guida della navigazione in direzione sorgere del sole.
Di sicuro da Alberto Urso nessuno si sarebbe mai aspettato qualcosa di diverso, ma il brano, pur supportato da una produzione curata e dei suoni che con l’arrangiamento orchestrale verranno esaltati, non decolla.
Un classico brano italiano che già negli anni ’90 sarebbe stato considerato datato. Un punto in più per la voce di Alberto che nel bene e nel male sa emozionare, ma il pezzo è troppo povero di spunti.
Voto: 5
Rockol: Apertura con archi e piano, poi entra la voce che poi sale: in alcuni passaggi è isolata, senza strumenti. Esattamente come ci si aspetta, una canzone iper-classica e bocelliana: “Per te ho nel cuore il sole ad est/E nel mondo, ovunque vada/mi ricorderà la strada che porta fino a te”
Soundsblog: Al suo debutto sanremese, il vincitore di Amici porta la tradizione della lirica italiana unita al pop. E’ un crescendo molto classico, che permette al cantante di far sentire quant’è bravo (ma già lo sapevamo). Un po’ sdolcinata, non si lascia ricordare.
Canteremo: “Io lo so, comunque vada, in questa vita complicata, ritornerò da te”
Enrico Nigiotti – Baciami adesso
Corriere: Enrico Nigiotti: voto 4,5
«Baciami adesso»
L’inverno, il cielo, buio, i baci… Banalità per voce e chitarra.
Enrico Nigiotti che canta… Enrico Nigiotti. Una canzone d’amore delicata, orecchiabile e che ricorda nelle intenzione la hit L’amore è.
Un brano intenso al punto giusto con un inciso che si canta al primo ascolto. L’arrangiamento è essenziale, ma colpisce il bell’assolo di chitarra elettrica che introduce l’ultimo ritornello.
Bella l’idea dell’ultima frase, volutamente sospesa, con chitarra acustica e archi.
Voto 7-
Rockol: Voce chitarra, poi si apre e sale di livello: Nigiotti parte dalla sua scrittura cantautorale classica e prova ad arricchirla con con coloriture sonore, compreso un breve assolo di chitarra Elettrica. Il ritornello è dritto e immediato: “Tu sei quello che proteggo dentro me/ancora adesso che ti leggo senza scritto e immediato / se in ogni volta che non penso e penso a te / sei l’unica stanza che mi salva dal disordine / Baciami, baciami, baciami adesso”.
Soundsblog: Peccato. Nigiotti fa il bis a distanza di un anno, ma stavolta non è uno dei suoi brani migliori. Questa è una canzone romantica, in pieno stile Nigiotti. Parla d’amore e della forza di un bacio: “Baciami adesso che poi fa buio presto”. Ci saremmo aspettati qualcosa di più, non lo neghiamo.
Canteremo: “Ci ringhiamo da lontani come i cani, e ci pensiamo ancora più vicini”
Rita Pavone – Niente resilienza 74
Voto 4.5 «Niente»
Si può fare i Giamburrasca a 74 anni? Secondo lei sì. La strofa funziona, arriva il ritornello e crolla.
Un up-tempo in cui l’artista riflette sulla sua vita con pregi e difetti e un pizzico di rimpianto per non aver colto tutti gli aspetti di un’esistenza non sempre semplice.
“Non hai mai saputo spezzarmi, travolgermi…” “Anche l’orgoglio si rimargina.”
Il ritmo, una discreta produzione e l’energia di Rita mascherano un pezzo un po’ datato come struttura e che ha il suo punto di forza nell’inciso orecchiabile.
Voto: 5 e mezzo
Rockol: Un pop-rock sul tempo che passa (74 sono gli anni della cantante) e sul rivendicare la propria identità nonostante tutto, con un passaggio tra Madonna e Sister Act (“I love you, I love you, I love you”). La Pavone continua a provocare, come fa sui social: “Niente, qui non succede proprio niente/e intanto il tempo se ne va/Meglio cadere sopra un’isola o un reality che qualche stronzo voterà”.
Soundsblog: Ammazza, che pezzone. Lasciate da parte le polemiche, che qui c’è una Rita Pavone più grintosa che mai. Il pezzo è al passo coi tempi. Stupisce. Parla di un uomo (addirittura violento) che non è riuscito a spezzarla. “Picchia più forte, non lo vedi che sto in piedi”
Canteremo: “Meglio caderci sopra un’isola o un reality, che qualche stronzo voterà”
Tosca – Ho amato tutto
Corriere: Tosca: voto 5
«Ho amato tutto»
La voce non basta. Voli che svaniscono nel blu, respirare il respiro dell’amore, una raccolta di luoghi comuni.
Ho amato tutto è un brano elegante, arrangiato, però, in maniera forse un po’ troppo datata e lontano dai canoni produttivi degli anni più recenti.
La voce di Tosca, impeccabile come sempre, è l’unico valore aggiunto di una canzone che nulla aggiunge a questo Festival.
La carriera dell’artista ha spesso regalato perle preziose, ma in questo caso l’eccessiva classicità del brano non aiuta l’artista che per l’occasione avrebbe meritato un pezzo più forte.
Voto: 5
Rockol: Un piano tra classica e jazz, la voce delicata: una canzone “alta”, tra Fossati (Cantarelli è un suo storico collaboratore) e Mia Martini. Delicata, con atmosfere da club d’altri tempi: “Se tu mi chiedi in questa vita cosa ho fatto io ti rispondo ho amato/ho amato tutto”.
Tosca porta l’eleganza e la classe. Come sempre. Il pezzo è molto sanremese (forse uno dei pochi), ma sembra che non parta mai.
Canteremo: “Se tu mi chiedi in questa vita cosa ho fatto, io ti rispondo ho amato”
Riki – Lo sappiamo entrambi
Corriere: Riki: voto 5
«Lo sappiamo entrambi»
L’amore poco prima di dirsi che è finita, ballad romantica dove l’unico guizzo è il vocoder.
Un brano che racconta una storia arrivata al capolinea che, nonostante i tentativi di chiarimento, vive ormai sui troppi silenzi. Una ballata con un testo più maturo rispetto al passato, ma che funziona fino a un certo punto.
Da una parte la sua voce giovane e riconoscibile è un’impronta importante, così come gli effetti vocali utilizzati qua e là. L’ultimo inciso, con venature R’n’b, si caratterizza per un gioco d’archi interessante, ma per un artista giovane e che ha pubblico anche all’estero è forse troppo poco.
“Io fisso il vuoto che è a pezzi e tu, tu ti addormenti guardando la tv…”
Voto: 5 e mezzo
Rockol: Una ballata sporcata di elettronica, interpretata dalla voce ipermelodica dell’ex finalista di “Amici” (arrivò secondo nel 2017) con l’autotune e il vocoder, strizzando l’occhio a Justin Bieber. “Lo sappiamo entrambi” racconta la fine di una storia d’amore e nella sua semplicità piacerà al pubblico più giovane: “Però qualcosa non torna / tralasciando i ricordi che ho di te / ti scrivo e dopo cancello / non ti scrivo che tanto è inutile”.
Riki non porterà i suoi ritmi latini sul palco di Sanremo, ma un brano molto classico. Molto sanremese (qualunque cosa voglia dire). Racconta un rapporto che non è all’inizio ma neanche alla fine. La voce (nella versione che abbiamo ascoltato) è piena zeppa di effetti, sentiremo come sarà live.
Canteremo: “Ti scrivo e dopo cancello, non ti scrivo che tanto è in”
Raphael Gualazzi – Carioca
Corriere: Raphael Gualazzi: voto 6
«Carioca»
Un pianoforte in viaggio verso Cuba, fiati tropicali, un mondo nuovo dove Raphael non è pienamente a proprio agio.
La curiosità musicale e la contaminazione sono gli aspetti principali di un brano divertente e nel quale l’artista dimostra di sentirsi a proprio agio.
L’elettronica si sposa alla perfezione con le percussioni ipnotiche e il pianoforte che è il segno distintivo di molte canzoni dell’artista.
Nell’inciso colpisce l’utilizzo dei fiati e di alcuni artifici creativi, che evocano atmosfere da… Rio de Janeiro. Prima dell’ultimo inciso un frammento strumentale in cui l’elettronica si mescolta con il suono del pianoforte, che ricorda certe improvvisazioni tipiche del jazz.
“Quanto ho tempo perso, la vita quasi mi supera…”
Voto: 7+
Rockol: Il giro iniziale al pianoforte ricorda un po’ quello di “Forbidden colours” (David Sylvian/Ryuichi Sakamoto), mentre nelle strofe sembra di ascoltare l’eco di “Primavera” di Marina Rei e nel ritornello sonorità latine, da vecchio club cubano. Nel finale tornano i virtuosismi al piano tipici delle sue composizioni. Un Raphael Gualazzi inedito, che piacerà alle radio.
Oh, hanno svegliato Gualazzi. Non sembra nemmeno lui. Stavolta lascia da parte il piano, Gualazzi propone un pezzo molto ritmato. Come se fosse una salsa. Era ora.
Canteremo: “Bastava un sogno carioca”
Michele Zarrillo – Nell’estasi o nel fango
Corriere: Michele Zarrillo: voto 4,5
«Nell’estasi o nel fango»
Parte acustica, fa un passaggio in discoteca e si incarta in un terzo momento.
Un brano così up-tempo non ce lo si aspetta da un artista come Michele Zarrillo che è sempre stato considerato, a torto, solo un cantore dell’amore in maniera tradizione.
Un brano che parte con un pianoforte up-tempo e che prosegue con il ritmo incalzante di una cassa in 4. La canzone ha un bel testo, è ben interpretato e la produzione è interessante, ma questi tre aspetti paiono un po’ troppo distaccati tra loro.
Da riascoltare con l’accompagnamento dell’orchestra. “Vorrei fosse vero ma resto ancora in piedi sia nell’estasi o nel fango…”
Voto: 5 e mezzo
Il veterano di questa edizione del Festival (13° apparizione) si presenta con brano diverso da quanto fatto finora a Sanremo: brano ritmato, che si apre su giro di chitarra e poi innesta una ritmo pieno, cassa dritta e un suono carico, con la voce che va verso il falsetto. Il testo è motivazionale, come la musica “Vorrei fosse vero/Vorrei ora è chiaro/Sto qui come vedi/Io resto qui come ved/Io resto ancor in piedi/Sia nell’estasi o nel fango”
Soundsblog: Anvedi, uno Zarrillo inaspettato. Inizia che sembra Alex Britti, esplode con un ritornello alla “Fatti Avanti Amore” di Nek. Un uptempo di quelli che non ti aspetti da un cantautore come lui. Stavolta non canta neppure l’amore ma il malessere dell’uomo. Vuole essere un inno alla forza di volontà
Canteremo: “Non mi importa quanta forza servirà, faccio un respiro più profondo”