Craig David ha iniziato la sua carriera una vita fa, stiamo parlando della fine degli anni ’90, quando ancora pischello scratchava i suoi dischi ai party di Southtampton e di Londra, dilettandosi di tanto in tanto a canticchiare sui brani degli amici e colleghi The Underdog Project. Erano i tempi d’oro della garage e della drum ‘n bass, un genere ormai piuttosto in disuso che il buon Craig ha riportato in auge con il suo ultimo disco, intitolato Following my intuition.
Il bello del disco, proprio come suggeritoci dal titolo, è che al suo interno Craig segue la sua intuizione, o meglio ancora quelle radici musicali che l’hanno portato a scalare le classifiche e vendere milioni di copie con i suoi primissimi lavori, su tutti Born to do it: successivamente ci aveva provato, il buon Craig, a intraprendere la strada dell’electro e del finto funky, ma i risultati non erano stati esaltanti né da un punto di vista qualitativo né tantomeno da quello commerciale, a tal punto che l’artista divenne tristemente celebre per essersi ridotto ad esibirsi in occasione del (fallimentare) matrimonio di nientepopodimeno che Valeria Marini.
Certo, non che le vendite e il clamore ottenuto con i primi due singoli estratti dall’album (When the bassline drops e Ain’t Giving Up) sia stato incredibile, ma c’è comunque da dire che si percepisce in questo progetto un interessante lavoro di ricerca musicale, in grado di aggiornare ritmi e sonorità del passato adattandolo ai gusti delle attuali classifiche ma sempre un occhio di riguardo all’urban di un tempo.
In Following my intuition troviamo dunque un’house delicata e godibilissima (come in Nothing like this, la mia preferita), esperimenti vagamente crossover (è il caso di 16, con la base dei Jack U e il testo di Fill me in) e, appunto, un sacco di inaspettata drum ‘n bass (Don’t Go) e infine di garage, rimaneggiata per suonare più moderna e in linea con i gusti del pubblico di oggi (il ritornello di When the bassline drops e quello della meno bella One more time, in questo senso, sono un colpo al cuore). Come buon cantautore r&b di colore che si rispetti, inoltre, non manca la quota ballad romantiche (All we needed. Like a fan, What if) che però non rappresenta in alcun modo le reali intenzioni dell’album e suona più che altro come un tentativo di raggiungere le 11/12 tracce canoniche.
Craig David ha scritto e prodotto Following my intuition, in sostanza, con l’obiettivo di ricordarci che ha ancora qualcosa da dire nel mondo della musica: il disco si lascia ascoltare con un gran piacere, ma è probabile che rimarrà una piccola chicca per appassionati del genere. L’impressione generale è che non basti più un po’ di tropical house per svoltare: Craigd David, trovo, è un grande talento artistico e vocale e spero davvero che i fatti (leggasi “i dati di vendita”) smentiscano le mie sensazioni.
Tracklist
- Ain’t Giving Up (Craig David & Sigala) | Bruce Fielder & Craig David
- When the Bassline Drops (Big Narstie & Craig David) | Tyrone Lindo, Scott Wild & Craig David
- Don’t Go
- 16 | Jordan Ware, Craig David, Pooh Bear, Mark Hill, Justin Bieber, Thomas Pentz, Karl Brutus & Sonny Moore
- Couldn’t Be Mine
- One More Time | Tre Jean Marie, Scott Wild, Craig David & Jacob Attwool
- Change My Love
- Nothing Like This (Blonde & Craig David) | Jacob Manson, Adam Englefield & Craig David
- Got It Good (Kaytranada & Craig David) | Kevin Celestin & Jaime Alem
- All We Needed
- Louder Than Words
- What If
- Like a Fan
- Better with You